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Borgo San Daniele classe anglosassone, anzi no friulana

Alessandra mauri

A volte una programmazione incauta, tipo concentrare la visita di tre cantine in una sola giornata, rischia di farti fare delle figure barbine che non ti perdonerai per i prossimi anni a venire. Così con gli altri sodali di una due giorni “friulgiulianoslovena”, siamo arrivati a Borgo San Daniele con un ritardo (quantificato in ore) davvero spropositato. Confesso che quando ho suonato alla porta dei fratelli Mauri ero imbarazzatissimo, mi aspettavo come minimo che non ci fosse più nessuno ad attenderci e come massimo una sonora pernacchia, per esigenze di copione evito di scadere nel turpiloquio. Invece abbiamo trovato Alessandra e Mauro capaci di un aplomb di stampo anglosassone, in grado di accoglierci, nonostante la debacle, con gentilezza e una signorilità d’altri tempi, ormai rara. È Mauro a fare gli onori di casa raccontandoci la loro storia mentre Alessandra prepara le bottiglie per la degustazione. A Borgo San Daniele si lavora da sempre in regime biologico e anche secondo principi della Biodinamica, senza però urlarlo ai quattro venti. I vini che ne derivano sono fatti a loro immagine e somiglianza, ed è per questo che sono tra i più eleganti di tutto il Friuli enoico.  Nel poco tempo a disposizione abbiamo assaggiato Jasik bianco 2012: blend di Riesling e Malvasia. Vino nato discutendo con Ludwig Neumayer, produttore austriaco di Riesling, sugli effetti benefici che traggono le uve quando la temperatura scende sotto lo zero. Da qui l’idea di dare un colpo di freddo artificiale alle uve appena vendemmiate, utilizzando ghiaccio secco e azoto. Un vino interessante dotato di bella verve.

A seguire una sapida e intensa Malvasia 2012. Gli assi arrivano subito dopo: il Friulano 2012, un tocai di riferimento, dai sapori antichi, che non strizza l’occhio al Sauvignon (come spesso si usa fare da queste parti) e il Pinot Grigio 2011, naso di bella potenza, vegetale, elegante e dritto come una lama. A titolo di cronaca, qualche mese dopo sia il Tocai che il Pinot Grigio saranno premiati con il massimo del riconoscimento da due tra le più importanti guide italiane (per quanto mi riguarda la cosa, non aggiunge nulla alla bravura dei produttori)! Non vanno però dimenticati l’Arbis Blanc 2011 (Friulano, Chardonnay, Pinot Bianco e Sauvignon in percentuali variabili nelle diverse annate.) e l’Arbis Ros 2007 (100% pignolo), vini importanti, di bella complessità. A conferma che il Friuli Venezia Giulia non è più solo terra di bianchi, Alessandra Mauri ci propone il Gortmarin 2006 (uscito solo nelle annate 1990, 1994, 1997, 2001, 2003 e 2006) un taglio bordolese di Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Bel naso di Frutta matura, grande lunghezza e notevole eleganza, un vino autunnale, che sa di bruma. Sicuramente uno dei migliori bordolesi friulani. Unico rammarico, causa ormai l’alba imminente, è stato quello di non essere riuscito ad assaggiare le vecchie annate, laddove, ne sono sicuro, si nascondono veri e propri tesori. È la scusa buona per ritornarci, questa volta con qualche ora di anticipo sull’orario stabilito con una bottiglia di Champagne e un mazzo di fiori, come minimo!

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