
Riprendo su “La stanza del vino”, con l’intento di dargli una visibilità maggiore, una intelligente discussione nata su Facebook e relativa alla posizione assunta della guida Slow Wine 2014 in merito allo “stato di salute” del Trento Doc. Questo il commento che avevo postato a cui seguono le risposte, tra cui quella di Fabio Giavedoni, uno dei curatori della guida.
Guida Slow Wine 2014, pag. 285, si parla di Trentino; si parla di Teroldego 2011, Lagrein, Marzemino e Schiava, ma la frase che mi fa saltare sulla sedia è questa: “…non particolarmente in forma i Trentodoc”. Non è una generalizzazione un po’ pericolosa? Non rischiamo di dare al consumatore informazioni leggermente tendenziose visto che, ed è ovviamente un mio parere, in questo momento il Trentodoc ha raggiunto livelli d’eccellenza davvero notevoli?
Maurizio Gily sono d’accordo con te. Il vero problema del trentodoc oggi non è la qualità, ma il posizionamento. Perché non sarà mai lo spumante di riferimento in Italia per il metodo classico, come, secondo me, dovrebbe essere al di là di ogni ragionevole dubbio, finché trovi in giro bottiglie a 5 euro. E tutte le volte che sento l’Assessore Mellarini parlare di aumentare la produzione mi cadono le braccia. In futuro forse, ma non ora, che i viticoltori piantano il Pinot grigio anche in zone estremamente vocate al trentodoc perché gli rende dii più. E cosa ne pensano Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni?
Novella Gioga Dietro questa frase ci sono diversi motivi …
Stefania Belcecchi Sono d’accordo che sia dannoso generalizzare in guida, soprattutto se in negativo o quasi, come in questo caso. In guida si dovrebbero dare solo gli strumenti (singole recensioni brevi o lunghe che siano) che il consumatore userà per provare, degustare e poi comprare i prodotti che reputera’ valevoli. Questo per dire che il giudizio finale è sempre del consumatore. Tanti consumatori fanno il mercato. È già difficile recensire il singolo vino senza forzature personali. Assurdo e’ generalizzare in una frase un’intera zona di produzione con tutte le diversità e micro diversità, con tutte le aziende e i loro prodotti che sono frutto di realtà, filosofie e tradizioni uniche e indipendenti.
Lucia Letrari io da produttore non voglio farmi la domanda perchè sinceramente preferisco non sapere le motivazioni. Spero siano giustificate perchè “degradare” così un territorio che si stà impegnando moltissimo, altre guide altrettanto valide lo riconoscono, mi sembra un peccato!
Stefania Belcecchi Condivido.
Pasquale Pace Commento superficiale, tanto per dire qualcosa ….
Michelangelo Tagliente Appunto Lucia
Andrea Aldrighetti Se le riserve più ambiziose non entusiasmano, se le cuvée più immediate mancano spesso di immediatezza, se i Maradona e i Pelé della denominazione faticano ad avere una squadra che li supporti sui mercati, la lettura che si può fare della prestazione generale del Trentodoc è di brillante mediocrità.
Oppure la commissione di Slowine è composta da dei cattivoni a cui sta antipatico il Trentodoc.
Drusiano Cipriani bussa a denari
Lucia Letrari W la mediocrità allora!
Luigi Olivero Ma un bel chissenefrega delle guide no? Forse seviranno all’estero, ma il consumatore medio/alto nazionale non le segue, informandosi con altri metodi. Riguardo al Trentodoc, personalmente ritengo sia la bollicina col miglior rapporto qualità prezzo…
Christine Endrici Strano…. La guida francese dello Champagne Gilbert&Galliard premia dei Trentodoc con delle votazioni superiori ai 90 punti: il 90% degli Champagne sono sotto questo voto! L’impegno del intero territorio sta qualificando sempre più il TrentoDOC nel mondo e così tutta la regione del Trentino! Andiamo avanti su questa strada!
Fabio Giavedoni Sono il curatore (assieme a Giancarlo Gariglio) di Slow Wine 2014 e ho seguito in prima persona le degustazioni in Trentino. Se nell’introduzione alla regione abbiamo scritto “non particolarmente in forma i Trentodoc” è perchè, dopo tutte le visite e le degustazioni, ci è sembrata questa l’impressione che abbiamo avuto quest’anno da questa tipologia di vini. Ovviamente la frase è stringata e limitata, e forse meriterebbe una spiegazione più approfondita. Sappiamo quanto impegno ci mettono i produttori di Trentodoc sia nel praticare una buona agricoltura sia nel operare in modo minuzioso in cantina. Il problema è che da un po’ di tempo, a nostro avviso, i risultati non sono la piena espressione del lavoro dei vignaioli, sono al di sotto delle potenzialità. In Slow Wine 2012 ci complimentavamo per la buona qualità dei Trentodoc (e come succede solitamente nessuno se n’è accorto e tanto meno ci ha scritto un commento …), ma poi, in questi ultimi due anni, non abbiamo visto il progresso che ci aspettavamo e che sappiamo che il territorio può esprimere. A giugno, durante le degustazioni in Trentino, abbiamo trovato qualche etichetta decisamente interessante ma mediamente il tenore dei Trentodoc ci è sembrato piuttosto mediocre, come ha già detto Andrea Aldrighetti . Questa sensazione ha avuto riscontro un mese più tardi quando i migliori (per noi) Trentodoc sono stati degustati – a Bra, durante le degustazioni finali – assieme agli altri Metodo Classico selezionati nelle altre regioni italiane, ovviamente alla cieca e raggruppati per tipologie (non dosati, extra brut, brut, ecc.) e non per provenienza regionale. E in quella occasione i Trentodoc non hanno certo brillato, anzi … Detto questo siamo dispiaciuti per questo esito perchè – lo ripeto – secondo noi le potenzialità generali dei Trentodoc sono più grandi di quanto la tipologia esprime oggi, salvo ovviamente qualche pregevole eccezione. Siamo ovviamente ben contenti di confrontarci su questi temi e di (speriamo!) trovare in futuro bottiglie che ci facciamo cambiare questa nostra momentanea considerazione sul Trentodoc.
Michelangelo Tagliente Grazie per la risposta Fabio Giavedoni, esempio di come si possa discutere sul web, anche avendo posizioni diverse, in maniera costruttiva.
Luigi Oliviero Ecco i motivi della diffidenza verso le guide: secondo Slow Wine il vino in questione non è particolarmente in forma, ma secondo altri: Nella celebre guida del Gambero Rosso, nella quale si trovano le eccellenze dei vini italiani. il Trento Doc con bene cinque etichette di bollicine trentine, conquista il massimo riconoscimento: I “Tre bicchieri”. Un premio che dà valore alla vocazione della montagna trentina per la coltivazione di uve Chardonnay, sicuro indicatore di qualità . I premiati: Brut Altemasi Graal Riserva 2006 di Cavit, il Brut Domini 2008 di Abate Nero, Brut di Letrari Riserva 2008, Ferrari Extra Brut Perlè Nero del 2007 e infine il Rotari Flavio Riserva del 2006 della cantina di Mezzocorona. Chi avrà ragione???? Secondo me il Gambero, perchè i piemontesi (escluso il sottoscritto ed una minoranza) in generale non apprezzano molto le Bollicine, in primis l’Altalanga da loro stessi prodotta!
Fabio Giavedoni Non so chi avrà ragione, Luigi Olivero, se Slow Wine o il Gambero. Ma credo che ci sia da considerare un’importante questione di numeri. Il Gambero Rosso quest’anno assegna più di 500 Tre Bicchieri, e tra questi 5 sono Trentodoc. Slow Wine segnala 141 Grandi Vini, e uno di questi è un Trentodoc. Mi sembra che le proporzioni siano in un qualche modo rispettate, e che il peso dei Trentodoc sull’insieme dei premi sia più o meno il medesimo … Si tratta solo di capire se parliamo di vere eccellenze o di eccellenze “allargate” … Ma questo lo giudicheranno i lettori dell’una e dell’altra guida, quando assaggeranno i vini. Mi permetto, a questo proposito, di darle un suggerimento: assaggi, se le capita, il Rotari Flavio Riserva 2006 di Mezzocorona e poi ci sentiamo/scriviamo – un modo lo troviamo di sicuro – e ci confrontiamo sul concetto di eccellenza … . Saluti P.S. Non so dire se i piemontesi apprezzano o no le Bollicine: io sono friulano e vivo a Bologna …
Luigi Olivero Caro Fabio, prendo nota del Rotari Flavio Riserva che non mancherò di assaggiare! La considerazione che i piemontesi non amino nemmeno le Bollicine da loro prodotte nasce da questo fatto: io vivo esattamente a metà strada tra Alba e ra, la patria Di Slow Food, ebbene in zona, in 8 locali su 10 se ordini un Altalanga cercano di deviare la richiesta o su Franciacorta oppure Oltrepo dicendo che ne sono momentaneamente sprovvisti… Purtroppo io sono solo un grande appassionato dilettante e non ho la competenza sufficiente per cogliere le sottili differenze tra un grande o un grandissimo vino, anche perchè assaggiando alla cieca non essendo influenzato dal nome di solito non mancano sorprese! Infine i prezzi, trovo assurdi quelli di troppi produttori che con facilità vanno oltre i 100 euro per 750 cc di prodotto che è possibile trovare presochè uguale ad un quarto del prezzo!
Pasquale Pace Rivolgendomi a tutti metto in attesa il mio confrontarmi. Aspetterò la guida dello Slowfood, guida che mi arriverà a casa essendo abbonato storico dello Slowfood con piacere leggerò i giudizi di ogni Trento DOC che avere recensito … e poi partita’ il confronto. Tra i tre bicchieri di quest’anno manca un TRENTO DOC STORICO che li ha presi per molte volte e che quest’anno sentendolo a Verona mi aveva lasciato un po’ perplesso. Lo spumante e’ il METHIIUS 2007 dell’azienda DORIGATI. Stesso spumante sentito pochi giorni fa dell’annata 2008 che già da adesso lo consacrerai da tre bicchieri, 5 grappoli e vino slow. A qualche giorno con piacere Pasquale Pace IL GOURMET ERRANTE amante del TRENTO DOC.
Donatella Briosi Conclusioni di tale guida, oserei dire, piuttosto azzardate e non in linea con il magnifico lavoro di comunicazione che quasi tutti i produttori di Trentodoc stanno operando ormai da tempo e con ottimi risultati…peccato!
Andrea Piccoli Mi sembra decisamente eccessivo penalizzare in tal modo anche chi lavora con competenza ed ottiene degli ottimi prodotti. Vero è che una visione spumantistica non si inventa da una vendemmia all’altra, ma fare di tutta l’erba un fascio…
Paolo Ianna Penso che quello che ha fatto saltare sulla sedia Michelangelo Tagliente e che condivido, sia proprio questa generalizzazione o come dici tu Andrea, di fare di tutta l’erba un fascio
Bernardo Pasquali Se in Francia una guida scrivesse una cosa del genere farebbe fatica a pubblicare l’anno dopo…non perché non siano critici tra di loro i francesi ma lo fanno sempre nel rispetto e nella consapevolezza di appartenere ad un’élite…la grandeur francese piaccia o non piaccia permette di fare sistema sempre anche nelle difficoltà. In Italia invece c’è troppa licenza di uccidere…manca l’umiltà e soprattutto manca anche da parte dei critici una consapevolezza di poter far male con superficialità di quel genere. La logica del tutto contro tutti e del “sono buoni quelli degli amici” è una logica troppo invadente in Italia che non porta lontano e che prima o poi viene smascherata. Mi dispiace per Slow Wine che reputo una guida coraggiosa per come ha interpretato il nuovo corso. E’ mia opinione comunque che se togliessimo il Trento DOC dalle bollicine italiane resterebbe ben poco con cui divertirtsi…ops mi sto slowinizzando anch’io??
Andrea Piccoli ahahahhah bravo Bernardo io no mi ero permesso… il punto, di fondo è sempre quello di fare sistema, il senso della misura e un po’ di lungimiranza per chi scrive “da esperto” ad un pubblico così ampio dovrebbe essere un pre-requisito…
Bernardo Pasquali E’ vero Andrea…la prima cosa fondamentale per chi scrive di un “bene” materiale e morale come può essere un vino (non un liquido ma tutto un mondo di sogni e speranze oltre che di piacevolezze ecc…ecc…) dovrebbe essere l’umiltà dell’ascolto, dell’interpretazione, della critica coerente e competente si! Ma competenza non fa rima con ostentazione…a volte quest’ultima nasconde fragilità.
Michelangelo Tagliente Comunque non mi capacito, in settembre, assieme ad un gruppo di degustatori con tanta più esperienza della mia abbiamo assaggiato a Palazzo Rocca Bruna 34 Trentodoc (2 dosaggio zero, 2 extra brut, 25 brut e 5 riserve) e ne siamo rimasti estasiati (ovviamente non tutto ci era piaciuto ma il livello era davvero altissimo), qualche mese dopo nella manifestazione “Bollicine” di Novella Gioga, altra degustazione di Trentodoc, certo con i pelè e i maradona come li ha chiamati Andrea Aldrighetti, ma sempre metodo classico stratosferici; non so, mi sfugge qualcosa. Sono con Bernardo quando dice che “Se in Francia una guida scrivesse una cosa del genere farebbe fatica a pubblicare l’anno dopo…non perché non siano critici tra di loro i francesi ma lo fanno sempre nel rispetto e nella consapevolezza di appartenere ad un’élite…la grandeur francese piaccia o non piaccia permette di fare sistema sempre anche nelle difficoltà”, questa cosa bisognerebbe stamparsela in mente ma non ce la faremo mai.