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Il vino ai trucioli, e in Italia?

I Viaggi del gusto, rivista di turismo enogastronomico, dedica il numero del mese di aprile 2014 all’Italia del vino; a pag. 32 c’è un interessante articolo intitolato “La beffa del vino ai trucioli”. Disquisizione puntuale sulle normative europee (regolamenti CE in particolare) e sullo stato dell’arte in merito all’utilizzo dei chips in Italia, ma il finale del pezzo mi fa saltare sulla sedia perché leggo quanto segue: “Oggi però nelle cantine di vinificazione circolano trucioli di ogni specie botanica in grado di conferire diverse aromatizzazioni, molti dei quali hanno anche subito tostatura (quindi possono cedere sostanze tossiche): sono in vendita con cataloghi, istruzioni e campionature, all’insegna dell’impunità imperante. Che ci sia un nesso tra questi comportamenti truffaldini e la riduzione delle importazioni di barrique verificatasi negli ultimi anni?”. Diamine, sarò ingenuo ma non pensavo fossimo a questi livelli! Posto che la Comunità Europea ha vietato l’utilizzo di trucioli nei vini Dop e Igp, limitandola ai vini generici (ex vini da tavola), la realtà è così a tinte fosche? Ho deciso di chiederlo a Elisabetta Tosi, Maurizio Gily e Michele Bean, grandi professionisti del settore che frequentano costantemente le cantine di tutta Italia e non solo, ecco cosa è emerso:

Elisabetta Tosi: Al netto di comportamenti truffaldini, che non si possono ipotizzare in assenza di prove certe, i chips per l’affinamento del legno possono essere solo di rovere, sia pure di diversa provenienza (francese o americana sono le più utilizzate). Certo, subiscono processi di tostatura diversi, da leggeri a medi a intensi, ma questo fa parte del gioco. In tal caso, potremmo anche dire che esistono vari formati di chips: i trucioli veri e propri (dal diametro più o meno grande), i cubetti, le sferette, le doghe, le mini-doghe.. E’ solo una questione di scelta da parte dell’enologo. Chips che aromatizzano il vino? Certo, ma se é per questo anche le barrique lo fanno: il legno cede sentori che vanno dalla vaniglia al caffé alla liquirizia… non a caso, i chips vengono definiti “la barrique dei poveri”, perché cosí facendo in effetti svolgono una delle (tante) funzioni del contenitore, per di più in maniera abbastanza grossolana. Per questo sono del parere che chi usa i trucioli solo come “insaporitore” farebbe bene a tornare a scuola di enologia, perché ha evidentemente un concetto piuttosto semplicistico e “povero” del vino stesso. I chips sono tostati? Certo che lo sono, esattamente come lo sono le barrique. E allora, i primi sarebbero tossici, e le seconde no? Ma non diciamo fesserie. Tempo fa, in una degustazione per enologi, ho assaggiato dei campioni di vini affinati con i diversi tipi di trucioli, e non li ho trovati affatto piacevoli. Il campione peggiore era quello di un vino affinato con chips a tostatura forte: ricordava la cenere di sigaretta! Trattandosi di una degustazione tecnica, ci dissero che quello è il gusto in certi paesi, e dopo aver assaggiato molti vini cileni, per esempio, posso confermarlo: c’é un mercato a cui questo genere di vini ancora piacciono. Però da qui a dire che il calo delle barrique dipende dalla diffusione dell’uso dei trucioli, ce ne corre. La vendita di barrique sta calando perché è cambiato lo stile di vinificazione, in ossequio al cambio di gusto del consumatore: stufo di bere vini da falegname, ora in molti mercati, diciamo i più evoluti, cerca vini più leggeri, più fruttati e meno parkerizzati. Vini da bere, non bastoncini di legno da succhiare.

Michele Bean: È un argomento vasto che non posso prendere per intero. Troppo ampio. Diciamo che il contatto tra il legno e il vino affonda in radici lontane. Le chip si usavano 100-200 anni fa? Si. Pioppo, acacia, castagno,ciliegio, rovere. Nei tini di legno in fermentazione, per dare più aria e vitalità a tini che certamente  non venivano cambiati spesso, si usavano eccome. Il vino per evolvere bene deve poter parzialmente respirare, altrimenti gusti e profumi non si esprimerebbero. Il legno è uno dei mezzi che consente questo. Maggiore è il contatto con il legno maggiore è l’ossigenazione, ma anche la cessione di tannino del legno e la fissazione del colore che se ne ottiene.  In varie aree del mondo si è scelto di approcciarsi al contenitore d ‘affinamento in modo più diverso. In base alle esigenze lo strumento doveva adattarsi a uve e tipologie di consumo diverse.  La barrique smussa, arrotonda, fissa, ossigena e permette in contatto più profondo tra vino e propri sedimenti. La botte grande diciamo a grandi linee sopra i 1000 litri, è molto più lenta e meno prepotente in tutte le sue funzioni.  Per poi diventare un contenitore pressoché neutro sopra 3000 litri.  Tutti i legni sono fiammati per essere curvati e tostati. Tutti i legni hanno una durata e in certi casi vengono raschiati e rigenerati. Più piccolo è il legno più brevi sono questi tempi.  Le chip che vengono anche tostate come le barrique, sono una via veloce per ossigenare i vini e stabilizzarli.  Il processo che dura da 10 a 36 mesi nelle barrique -botti non è replicabile. Il tempo non è sostituibile. E’ imitabile, ma i risultati sono comunque diversi. Le barrique si vendono di meno causa le chips? No. è cambiato il modo di usarle e di conseguenza si usano meno.  La comunità Europea ha deciso di autorizzare l’uso di chip sui vini da tavola in modo da poter concorrere all’aggressione dei vini extra UE che hanno meno vincoli di tradizione e di approccio. Vini comunque sani e fatti bene, ma che fondamentalmente costa meno produrre.Questo regolamento arriva tardi anche se è giusto che ci sia. Il trend del vino del falegname è passata. Il mercato mondiale punta sempre più a vini espressioni del territorio quindi con gusto legno di poco o nulla.  E onestamente, secondo me, anche sempre meno tendenti all’ossidato e sovraestratto, come il fenomeno degli orange wines che rimangono comunque una nicchia. Eccesso di legno e ossidazione sono la faccia della stessa medaglia: snaturano ed omologano. Mangerei una bistecca pompata di ormoni? No! Mangerei una bistecca con 8 mesi di frollatura? No! Rimane il fatto che sia sempre e comunque il produttore l’unico e il vero garante, oltre che responsabile, della qualità e dell’ etica dei prodotti.  Non c’e’ organismo extra che lo possa fare. Fondamentale è la conoscenza. Quella la si fa con la ricerca o affidandosi a chi veramente ne sa di più, come il proprio venditore o enotecario di fiducia che fa già una prima selezione.  Si può sapere tutto di tutto? No, ma informarsi è meglio.

Maurizio Gily: In Italia chips e stave sono ammessi su vini comuni e IGT, non su DOC e DOCG. Una soluzione salomonica, forse era meglio una regola uguale per tutti. Credo che l’uso dei chips come aromatizzanti non sia poi così diffuso ma solo perché il gusto di legno non è di moda. In verità però il fatto che una stessa cantina possa produrre vini a DOC e non a DOC consente molti sotterfugi, tra cui quello dei chips come molti altri. Ad esempio si fa una massa in una vasca con una grande quantità di chips che poi viene usata per i tagli. Se arriva un controllo uno dice che la usa solo per tagliare i vini comuni ed è in regola. Cosa succede dopo lo sa solo Dio. Ma questo non è che vale solo per i chips, vale un po’ per tutto, per esempio se tu importi vino sfuso dal Sudafrica nessuno ti vieta di tagliarlo con un vino italiano per imbottigliare un vino comune, ovviamente non puoi metterlo in un doc ma una volta che ce l’hai. Le cantine sono vessate da mille controlli ma cose come questa sono difficilissime da beccare. L’unica soluzione sarebbe una norma tipo quella proposta per la mozzarella di bufala (me non so se poi attuata), cioè se uno stabilimento lavora bufala non può lavorare vacca; o fai DOC o fai altro, ma sarebbe decisamente inattuabile. Non resta che fidarsi. Tuttavia tornando ai chips devo anche dire che se parliamo di naturalità forse sono più naturali i chips o gli stave che non i tannini in polvere o peggio liquidi, compresi quelli estratti non dall’uva ma da legni di vario tipo. E questi ultimi si possono usare anche sui DOC, mentre la logica, a mio avviso, sarebbe quella di consentire al massimo tannini estratti dall’uva, a voler essere larghi di manica. Per quanto riguarda botti e barrique una certa concorrenza dei chips esiste ma tenderei a non sopravvalutarla. La vendita di botti è diminuita soprattutto perché è cambiato il gusto e si usa molto meno legno nuovo, però chi fa affinamento in botte o barrique solitamente si colloca su una certa fascia di mercato e non rischia di sputtanarsi. E’ più facile che si usino chips su vini che non dichiarano affinamento in legno (e tu ti chiedi perché sanno di legno …)

La foto dei Chips è tratta da ebay.it

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