
È indubbio che ai produttori gardesani, naturalmente sotto l’egida del Consorzio di tutela, stia riuscendo l’operazione fatta con grande successo qualche anno fa dal Soave per il Soave: non solo rilanciare, ma (ri)costruire un’identità ben precisa per Bardolino e Chiaretto, che tornano a essere bottiglie che il mercato ricerca. Certo, aiuta anche il fatto che ci sia anche una congiuntura favorevole che vede il vino ritornare sempre di più alla sua funzione naturale che è quella della convivialità ma, soprattutto, quella del matrimonio con il cibo e Bardolino e Chiaretto, in questo senso, sono due campioni del mondo. Dalla degustazione alla cieca di una sessantina di campioni di Chiaretto risulta palese una certa omogeneità, le sfumature sono lievi per un profilo di vino, nel complesso, davvero interessante; certo magari qualche assestamento va trovato in bottiglia, ma il vino è proprio quello che ti aspetti: il floreale della rosa, il frutto delicato (ribes, melograno), spezia leggera e una stupenda sapidità. Si ha la sensazione che la cifra stilistica ricercata dai produttori sia piuttosto netta e questa identità precisa è importante per il consumatore in cerca di certezze. Sicuramente uno dei rosati più interessanti d’Italia, incredibilmente versatile nell’abbinamento, a patto che non si commetta il peccato mortale di relegarlo ad una sola stagionalità (estiva) perché è vino che si può e si deve bere tutto l’anno.
Interessante anche il confronto con Il Rosato del Salento dove il Negroamaro ricama una bella tessitura ed ha grande personalità, ma non ha la meravigliosa sapidità del Garda. Due belle espressioni territoriali, l’imbarazzo delle scelta. Per quanto riguarda il Bardolino Classico, sarebbe un errore liquidarlo solo con l’assaggio dell’annata 2014, anche perché appare nel bicchiere meno nitido e maggiormente bisognoso di equilibrio rispetto al Chiaretto: diamogli tempo, al di là dell’annata che si sa non felicissima.
Il Bardolino è sì vino da bersi giovane, ma può avere anche una certa prospettiva di vita che ovviamente si può tramutare in eleganza e complessità. Inoltre, per dare una maggiore identità al Bardolino, è stato fatto un lavoro di zonazione che riprende anche gli studi di Giovanni Battista Perez, che già nel 1900 aveva individuato tre aree (Bardolino, Caprino e Sona) dove la Corvina Veronese acquista precise caratteristiche organolettiche che lo rendono unico. A margine una postilla: certo il Bardolino non nascerà per l’invecchiamento, ma come la mettiamo con il Bardolino Classico “Broi” DOC 2001 dell’Azienda Agricola Costadoro? Assaggiato durante una verticale è stata una scoperta assoluta, un vino importante, per nulla stanco, anzi; che non ha niente da invidiare ad altre grandi denominazioni italiane e con un costo che getterebbe nel panico tanti blasonati.