Ômina Romana, buoni presagi giungono dal Lazio


Cosa spinge un imprenditore tedesco ad investire denari, energie e sogni in una tenuta nel Lazio? Verrebbe comodo e logico approdare in terre sicuramente più blasonate come il Piemonte o la Toscana, ma a Anton F. Börner (l’imprenditore tedesco) probabilmente non piace vincere facile e dopo un’attenta ricerca, nel 2004, acquista la tenuta Società Agricola Forestale la Torre, situata nei Colli Albani, nei pressi di Velletri. Certo prima di spendere un solo quattrino Anton valuta suolo e condizione pedoclimatiche affidando il suo destino di produttore vitivinicolo al parere positivo dell’università di Germania Hochschule Geisenheim e alle Università di Firenze e Parma. Nasce così il progetto Ômina Romana. Ômina è la forma plurale della parola latina omen che significa buon presagio. Anton F. Börner è l’esempio lampante di come nel mondo del vino possano convivere più anime: il produttore di nicchia, la piccola/media cantina, l’imprenditore appassionato che affida a mani sapienti la produzione del suo vino.

Nel caso specifico le mani sono quelle dell’enologo Claudio Gori e dell’agronoma Paula Pacheco. Magari qualcuno, diciamo pure prevenuto, si sarebbe aspettato qualche nome di grido, nomi che di solito stazionano nelle zone alte delle classifiche dei personaggi più influenti del mondo del vino, ma Börner, per il suo progetto, ha evitato accuratamente gli stereotipi. L’idea invece che sta alla base di Ômina Romana è quella invertire la tendenza, facendo riacquistare ai vini del Lazio maggiore credibilità. In questo senso è stato illuminante l’esperimento che Börner ha condotto con il suo bordolese Janus Geminus I. Fatto assaggiare alla cieca a esperti ed appassionati tedeschi, nessuno è stato in grado di individuare la zona di provenienza; la maggior parte ha parlato di Bordeaux, qualcuno di Priorat, Italia non pervenuta, figuriamoci il Lazio. Grandissima qualità insomma, che si conferma anche assaggiando un particolare e (vivaddio) non banale spumante (charmat lungo) ottenuto, nel millesimo 2013, da uve Bellone con un piccolo saldo di Incrocio Manzoni. Per non parlare delle due annate di Viognier (2011 e 2012) che sono quelle attualmente in commercio perché Omina Romana, per quanto riguarda i bianchi, vista la grande materia a disposizione, bandisce i vini d’annata per lavorare su evoluzione e invecchiamento (secondo vivaddio). Bottiglie particolari quelle di Ômina Romana che meritano un attento approfondimento, per scoprire un territorio vinicolo spesso bistrattato: sempre pragmatici questi tedeschi.

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