Del vino Asolo Montello e altri orizzonti


Pare che il Carducci, nonostante avesse definito Asolo come “La città dai cento orizzonti”, in realtà, non vi abbia mai messo piede fisicamente. Arrivò a questo definizione leggendo o ascoltando le descrizioni estasiate di chi aveva soggiornato. Di primo acchito può sembrare una trovata geniale per uno slogan a effetto da stampare su un dépliant turistico, ma chi ad Asolo c’è stato sa che è totalmente veritiera. Ogni ritorno regala scorci, angoli, prospettive nuove e inaspettate; e gli orizzonti del vino, dopo l’Asolo Wine Tasting 2015? Parliamo di tanta sostanza e vini che crescono a ogni nuovo assaggio. Nel Prosecco DOCG, quando Asolo fa Asolo, non imitando Valdobbiadene, il risultato è davvero sorprendente per identità: i profumi sono più vegetali che fruttati, con una delicata nota amarognola che distingue e contraddistingue; ed è una gran cosa in questo mare sperduto di prosecco che arriva sulle tavole di tutto il mondo. Poi c’è la novità dell’Asolo Prosecco Superiore Extra Brut che, al momento, grazie alla modifica del disciplinare ottenuta dal Consorzio, si può fare solo in queste terre. Le prime bottiglie sono d’annata e mettono ancora più in evidenza la peculiarità e unicità del Prosecco di Asolo che, proprio con residui zuccherini vicino allo zero, dimostra tutta la sua stoffa.

C’è poi la certezza Colfòndo che qui trova la sua terra d’elezione, ma ovviamente è una questione di gusti personali. Nella produzione del Colfòndo, presto, si dovrebbe avere una maggiore tutela, grazie alla modifica del disciplinare proposta del professore Michele Antonio Fino dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Attenzione però a non identificare l’Asolo Montello solo con il Prosecco, sarebbe un errore madornale. Oltre alla bella realtà dell’Incrocio Manzoni Doc del quale non si parla mai abbastanza ci sono due vitigni autoctoni molto particolari come la Recantina e l’uva “Rabiosa”. La Recantina è uva a bacca rossa coltivata da quasi quattro secoli nel trevigiano, ma scomparsa già a inizio Novecento.

Un sapiente lavoro di ricerca condotto dalla dottoressa Severina Cancellier, dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura e da un manipolo di appassionati, ha permesso, il ritrovamento, sulle colline di Castelcucco, del vitigno “Recantina Forner”, così chiamato dal cognome della famiglia che vi abita, proprietari della cantina Pat del Colmèl che ne fa una versione davvero notevole. L’uva “Rabiosa” o “Rabbioso” invece è un vitigno a bacca bianca di origine antichissime e poi dimenticato già verso la fine dell’ottocento. Simile alla Durella dei monti Lessini ma che nei colli asolani ha però sviluppato una sua identità ben precisa, adattissima, vista la spiccata acidità, per lo charmat ma anche per il metodo classico. Qui si torna nuovamente, come riferimento per la tipologia, a Pat del Colmèl, che ne fa una versione in magnum con 24 mesi di sosta sui lieviti.
Cento orizzonti? Chissà, forse ne basta uno, sublime linea di demarcazione (per nulla apparente) tra terra e cielo, di un luogo non ancora rivelatosi del tutto, anzi.

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