Irene Graziotto per la Stanza del vino

Si potrebbe intitolare “Descensus ad inferos” questo mio spaccato pugliese. Non tanto perché abbia osato inoltrarmi a sud del Po’ – con tanto di protezione H24 grazie alle litanie della abuela plurinovantenne il cui mondo conosciuto non si estende al di là di tale naturale confine – quanto piuttosto perché la catabasi è un momento cruciale. E a me questo viaggio in Puglia ha aperto gli occhi su una regione vinicola che ancora non conoscevo bene e che rimaneva legata alla vecchia immagine di una terra di vigneti ma non di vino, o almeno non di vino imbottigliato.
L’arrivo a Masseria Bagnara è l’esempio concreto di come si possa creare un’attività lavorativa sfruttando le architetture del territorio, il trullo convertito in cantina naturale, l’altro trullo declinato a camera doppia che pare un’alcova della migliore mitologia classica, e poi un’ambientazione che valorizza le antiche funzioni degli ambienti come la sala raccolta dove in passato c’era il forno del pane.
Il programma è bello denso, denso come i vini che assaggiamo alle Tenute Chiaromonte a Acquaviva delle Fonti (BA). A farci da Virgilio è Nicola Chiaromonte, un passato fra gli ippodromi, un presente nei vigneti biologici di Primitivo e calici Riedl sopra la tavola, di quelli che si usano quando non si ha nulla da nascondere. Verticale di “Muro Sant’Angelo” Gioia del Colle Doc Primitivo a base di Primitivo in purezza: 2012 frutto scuro, spezie, pepe ed eucalipto; 2011 nota marina e frutta in confettura, 16.5% gradi alcool e non sentirli tanto bene sono bilanciati dalla mineralità; 2010 mirtilli e sentori ferrici, rosa appassita, spezia scura, leggerissimo chiodo di garofano, impatto elegantissimo sulle papille gustative; 2009 frutta matura, quasi in confettura, una manciata di uva sultanina e un sorso all’insegna della morbidezza.

Dal vin de garage ad una macro realtà quale Cantina Sampietrana (BR), nata nel 1952 e attualmente con circa 100 soci. Una realtà che ha saputo mettersi in gioco cercando di cambiare la mentalità dei conferitori stessi: invecchiamento significa infatti non mettere subito in commercio il vino e quindi dover procrastinare il momento dell’incasso. Gli investimenti a livello di strumentazione e tecniche lavorative hanno consentito alla cantina di piazzarsi sui mercati di numerosi Paesi soprattutto del Nord Europa, tra cui la Germania, ma anche in Giappone. “Vigna delle Monache” Salice Salentino Riserva 2011: da uve Negroamaro con un quinto di Montepulciano – che secondo la recente normativa non si può indicare perché creerebbe confusione con l’omonima Docg… – frutta fresca estiva in apertura, che evolve in note più mature, prugna secca, tannicità intensa ma ben levigata, sorso caldo con distinta nota fresca. P.S.: qui viene a vinificare anche Libera.
Da una cantina storica ad una realtà secolare: siamo nel centro di Salice (LE) dove sorge la Leone De Castris con radici enologiche che risalgono al 1665. Le grandi innovazioni arrivano con l’imbottigliamento nel 1925 e nel 1943 con l’apprezzamento del generale americano Poletti che apre la strada al vino locale oltreoceano convertendo il rosato “Cinque Rose” in “Five Roses”. “Five Roses Anniversario” Rosato Salento Igt 2014: un uvaggio di 20% Malvasia Nera di Lecce e 80% Negroamaro, contatto mosto-bucce per sole 5-6 ore per permettere di donare colore e preservare la freschezza. Chiaretto alla vista, manto fruttato di bella polposità estiva, fragola e lampone, gelatine di frutta, corpo sapidità e freschezza a fare da cuspide nel sorso. Curiosità: la cantina era fornitrice ufficiale della Corona Italiana e fu qui che si produsse il primo rosato italiano.
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