
L’infinitezza del vino: territori, vitigni, vignaioli, quante volte se ne parla, spesso in maniera retorica, eppure è una verità inconfutabile; ne ho avuta l’ennesima conferma visitando la DOC Gambellara. Una zona poco conosciuta o peggio snobbata, troppo vicina a Soave, ed è facile auto convincersi che quando si parla di vini bianchi da uve Garganega proprio lì sia già stato detto tutto. Errore madornale, a Gambellara, Montorso Vicentino, Montebello Vicentino e Zermeghedo, nei poco più di ottocento ettari coltivati, la Garganega arriva a vette inaspettate, tra l’altro con bottiglie vendute a prezzi imbarazzanti. Una piccola isola del tesoro, da arrivare con un furgone e portarsi via un bel po’ di referenze, come ad esempio il Creari 2010 dell’Azienda Agricola Cavazza, il Capitel Vicenzi 2013 di Virgilio Vignato o il Rivalonga 2014 di Menti, per non parlare del loro Vin Santo Historia 2010. Proprio a Michela Menti, che assieme a suo fratello Nicola gestisce omonima cantina, ho fatto qualche domanda per meglio contestualizzare questa inaspettata DOC Gambellara.

Michela, confesso, non avrei mai immaginato che il Gambellara Classico e il Vin Santo, almeno tra quelli che ho assaggiato al recente Garganica, potessero essere vini di tal eccellenza, sicuramente ignoranza e snobismo da parte mia, ma non è che in giro vi conoscono poco?
Gambellara è oggi una piccola Doc con un territorio poco esteso e con un numero contenuto di aziende. I suoi vini sono molto interessanti sia per l’uva tipica, la Garganega sia per le peculiarità della terra vulcanica che donano loro grande struttura e note caratteristiche di pietra focaia, zolfo e di mandorla. Sono molto apprezzati da che chi ha la possibilità di assaggiarli. Purtroppo è una realtà vitivinicola ancora poco conosciuta e probabilmente questo è uno dei pochi punti di debolezza della nostra zona. Gambellara ha una lunghissima storia alle spalle. I suoi vini erano molto famosi e ricercati nel corso del XIX secolo e nei primi anni del XX. Negli ultimi trent’anni in zona si è continuato a produrre vini, ma il mercato chiedeva principalmente vini sfusi, di facile bevibilità. Così i produttori di Gambellara si sono limitati a produrre vini semplici. In quegli anni si è anche quasi abbandonata la produzione del Vin Santo di Gambellara, perla enologica di massima eccellenza che è stata riscoperta e ripresa solo recentemente con un Progetto di sperimentazione in collaborazione con il Consorzio di Gambellara e l’Università di Verona. In quegli anni si è perduta così la storica fama di Gambellara e dei suoi vini. Tuttavia, il mercato oggi ricerca denominazioni nuove e interessanti. In un prossimo futuro, questo può forse rappresentare un punto di forza per Gambellara. Abbiamo tutte le carte in regola per poter produrre vini di grande spessore, estremamente tipici e farci conoscere in giro!
Parlando con i produttori che ho incontrato a Garganica, tutti giovani e pieni di entusiasmo, ho percepito una gran voglia di svoltare, di pensare in grande. Qualcuno mi ha detto che c’è voglia di affrancarsi rispetto alla generazione dei loro nonni, ma anche padri, che vinificavano spesso solo per lo sfuso. In questo senso ti chiedo cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare per il vostro territorio.
Negli ultimi anni a Gambellara c’è stato un importante cambio generazionale tra i produttori. I giovani entrati in azienda sono ragazzi che sono cresciuti sul territorio, hanno studiato e a volte hanno anche girato il mondo vivendo esperienze di lavoro presso altre realtà. Sono quindi tornati alle proprie radici, con nuova consapevolezza, con uno spirito innovativo e con nuove idee che spesso entrano in contrasto con la “storicità” dei padri o dei nonni. Tuttavia questa aria nuova non può che essere positiva per un territorio come quello di Gambellara dove nel recente passato non si è saputo esprimere tutte le enormi potenzialità di questa terra. La consapevolezza di poter fare bene di questi giovani non è che un primo passo, ora si deve rimanere uniti e lavorare per valorizzare i nostri prodotti. Oggi si possono già assaggiare grandi vini che ben rappresentano quanto qui ho sintetizzato. Credo possiamo in breve tempo riportare a Gambellara quella fama che la rese una celebre terra di vino nei secoli passati.
Tu e tuo fratello Nicola siete due persone con grande carisma, quando incontro vignaioli come voi mi vengono sempre in mente le parole di Mario Mariani: “Il vino è una malattia dell’anima: nessun carattere tiepido può occuparsene, otterrebbe solo bottiglie senza personalità”, cosa che poi si conferma regolarmente assaggiando i vini, mi racconti qualcosa in più di voi, le vostre prospettive nel mondo del vino?
Io e Nicola abbiamo iniziato a lavorare in azienda qualche anno fa. In breve tempo ci siamo appassionati e il vino prodotto è diventato per noi il frutto del nostro lavoro. La nostra filosofia è “Nel bicchiere non c’è solo vino, ma l’arte, la tradizione e la storia della nostra terra!” In un semplice bicchiere di vino noi raccontiamo quello che siamo, da dove veniamo e ciò che facciamo con il nostro lavoro. Parliamo della tradizione di della famiglia Menti di coltivare la vite e produrre vino nel territorio vulcanico di Gambellara e lo facciamo con quello spirito innovativo e quella consapevolezza di poter fare bene di cui si parlava prima. Lavoriamo soprattutto la Garganega, l’uva tipica del Gambellara, in varie interpretazioni, con un tocco sia classico che moderno, con l’aiuto della tecnologia e dell’innovazione, ma sempre elegante e minerale: questo è il marchio di fuoco della terra di Gambellara. Abbiamo ripreso la produzione del Vin Santo di Gambellara senza solfiti aggiunti e fermentazione con lieviti indigena, proprio come si faceva una volta. Stiamo ottenendo ottimi risultati dalla critica, a conferma del fatto che a Gambellara ci sono grandi possibilità per poter essere ricordati e apprezzati. Siamo convinti che ci sia ancora molto lavoro da fare per poter migliorare ancora e soprattutto per poter valorizzare questo territorio meraviglioso.
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