Alla scoperta della Tuscia e del vino degli Etruschi


Il vino per tutti, un’idea che mi è molto cara. Lontano da degustazioni mirabolanti, roboanti e alla fine spesso sterili; che hanno il solo obiettivo di allontanare invece che di attrarre. Nessuna insidia quindi per chi vuole avvicinarsi al vino semplicemente per piacere, per necessità di scoperta di storie e di luoghi. Proprio questo il contesto che ha visto il Cheese Bar dei Perenzin, storica famiglia trevigiana di produttori e affinatori di formaggi, affollato, più che da sommelier, da appassionati desiderosi di conoscere vini e cibi de la Tuscia. Organizzava Lionella Genovese, instancabile promotrice in Veneto delle eccellenze enogastronomiche italiane. Naturalmente a raccontare la sua Tuscia per diritto di nascita Carlo Zucchetti. Ma cosa si è bevuto e quali cibi hanno sorpreso e deliziato palati? Forse prima è meglio contestualizzare quell’antica terra di Etruschi. La Tuscia era la denominazione attribuita all’Etruria dopo la fine del dominio etrusco, in uso dalla Tarda antichità e per tutto l’Alto Medioevo. Il termine Tuscia deriva dal latino tuscia (si pronuncia tuskia), il territorio abitato dai Tusci, cioè dagli Etruschi, plurale del latino tuscus, contrazione di etruscus. Da Tuscia, sinonimo di Etruria, derivano il nome della regione Toscana e il nome del comune di Tuscania in provincia di Viterbo. In epoca medievale, e fino a tutto l’Ottocento, Tuscia era usato come sinonimo, oltre che di Etruria, anche di Toscana. Nell’uso contemporaneo il nome Tuscia è anche utilizzato per indicare i territori dell’Alto Lazio e delle aree confinanti di Toscana e Umbria. Sappiamo quanta importanza avesse il vino nella vita degli Etruschi e pertanto la vite in queste zone è diffusa da millenni.

E oggi? Questo territorio, grazie ad un crescente numero di produttori appassionati sta godendo di una sorta di rinascita con gli autoctoni a farla da padrona. L’area che va dal Lago di Bolsena a Civitella d’Agliano fino a orvieto è terra d’elezione del Grechetto e di straordinari muffati, vista l’influenza del clima umido dovuto per l’appunto al Lago di Bolsena e alla diga di Corbara. L’altra zona di grande interesse è situata attorno a Gradoli famosa per l’Aleatico. Ovviamente non possiamo dimenticare l’Est! Est! Est! Tra le prime Doc italiane (istituita nel 1966), situata nell’alta Tuscia, in particolare nei comuni di Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro e Gradoli. Sempre nell’area dell’alta Tuscia si trovano vitigni a bacca bianca altrettanto interessanti come il Procanico (Trebbiano toscano), il Trebbiano giallo, la Malvasia e il Roscetto. Per i vitigni a bacca rossa abbiamo il Sangiovese, il Canaiolo, il Violone e l’internazionale Merlot. Per la degustazione Carlo Zucchetti ha preferito concentrare l’attenzione su una notevole selezione di vini bianchi, senza dimenticare ovviamente un grande muffato. Partendo dall’inatteso Brut Metodo Classico 2011 Decugnano dei Barbi (50% Chardonnay 50% e Pinot Nero 50%) che, oltre all’ottimo rapporto qualità prezzo, vanta anche la primogenitura per il Metodo Classico umbro. Passando poi al Procanico I.G.T. Lazio 2015 Trappolini (Procanico 100%), all’Est! Est! Est! Di Montefiascone Classico DOP Foltone 2015 Cantina Stefanoni (Roscetto 50%, Trebbiano 30%, Malvasia 20%); al grande Grechetto di Civitella D’Agliano IGT Poggio della Costa 2015 di Sergio Mottura (Grechetto 100%), il mio preferito della serata assieme all’Orvieto Classico Superiore DOC Terre Vineate 2015 di Palazzone (Procanico 50%, Grechetto 30%, Verdello, Drupeggio, Malvasia 20%).Passando anche per un affascinante Ferentano IGP Lazio Bianco 2013 di Falesco (Roscetto 100%). Una menzione a parte merita l’Orvieto Classico Superiore DOC Muffa Nobile Calcaia 2013 di Barberani (Grechetto 80%, Procanico 20%). I vigneti si trovano attorno al Lago di Corbara e per la raccolta delle uve sono necessarie almeno cinque o sei vendemmie successive, ripetute in tempi diversi, distribuite tra ottobre e dicembre. Il fine è di raccogliere solo le uve attaccate dalla muffa “Botrytis Cinerea” che, se si manifestano particolari condizioni atmosferiche si trasforma in “Muffa Nobile”. Nonostante esistano vini come il Calcaia continuiamo a vivere di sudditanza psicologica nei confronti del Sauternes.

A testimonianza di quanto la Tuscia sia un giacimento enogastronomico inestimabile non posso esimermi dal citare i cibi che hanno accompagnato il nettare di bacco: in primis i formaggi dei fratelli Pira. I Pira sono una famiglia di sardi trapiantata nell’alto viterbese dagli anni cinquanta, che a Farnese ha messo su una fattoria di oltre 200 ettari dove si allevano dai maiali di cinta senese, alle pecore, alle capre, ai conigli. Ogni membro della famiglia ha un ruolo all’interno dell’azienda, che ricopre in modo impeccabile, a partire dal capo stipite che alla veneranda età di oltre ottant’anni, guida un gregge di pecore di circa 1000 capi. Per non parlare poi di quegli artisti della norcineria che sono i fratelli Stefanoni di Viterbo, produttori della Susianella di Viterbo salume di origine etrusca, dal sapore antico. È il caso di dire che il coppiere Martino nell’anno 1111 ci aveva visto davvero giusto: Est! Est! Est!

Fonti: http://www.meteomarta.altervista.org/portale/la-tuscia-e-lalta-tuscia

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