
Sostenibilità, parola spesso abusata ma densa di significati profondi se non si riduce a essere termine astratto e, soprattutto, se considerata nella sua accezione più completa ed evoluta, che non si limita al solo aspetto ambientale ma racchiuda in sé, sinergicamente, la dimensione economica e quella sociale. In due giorni di permanenza presso la cantina Zeni 1870 a Bardolino non ho mai sentito uscire dalla bocca di Elena Zeni o di suo fratello Fausto la parola sostenibilità, eppure è una delle realtà vinicole tra le più vicine alla sostenibilità intesa in senso ampio che mi sia mai capitato di visitare. Certo, l’ impegno per una gestione a basso impatto ambientale in vigna, l’eliminazione di prodotti di sintesi chimica a vantaggio di rame e zolfo, l’impiego di tecnologie mirate per ridurre in maniera significativa l’uso di prodotti enologici, come ad esempio l’anidride solforosa, afferiscono alla sfera ambientale; ma quello che più mi ha colpito della Cantina Zeni è stata l’idea di sostenibilità sociale intesa come la possibilità che ciascun dipendente/collaboratore possa esprimere le proprie potenzialità in un contesto dove il lavoratore è visto come risorsa indispensabile per il successo della azienda stessa, il famoso capitale umano.

Scontato? Non credo proprio di questi tempi, e ripeto, tutto questo senza nessuna ostentazione da parte della famiglia Zeni, ma percepibile a pelle semplicemente parlando con le persone. Questione di stile quindi, che inevitabilmente si riflette in tutti i progetti dei fratelli Zeni: da GO, la galleria olfattiva, al Museo del vino (uno dei primissimi in Italia), all’enoturismo che ha superato le centomila presenze l’anno in cantina e ovviamente e soprattutto nel vino.
GO è la prima Galleria Olfattiva in Italia dedicata unicamente al vino, nasce da un’idea di Elena Zeni su progetto dello scenografo Mattia Cussolotto e degli architetti Simone Spiritelli e Carlo Fantelli, ed è una vera e propria galleria, semibuia, dove, attraverso un percorso a salire ed accompagnati dalle note di un brano musicale che aiuta la concentrazione, si cerca di riconoscere, scomposto in 14 cofanetti, il bouquet di due vini. Si tenta per l’appunto e un naso tutto sommato distratto come il mio ne ha indovinati solo 5. Se pensate di vincere facile, è una sfida che vale la pena raccogliere, c’è di che divertirsi. La responsabile della scomposizione olfattiva dei vini di Zeni in profumi è la creatrice di fragranze Paola Bottai che presto sarà costretta ad assicurare il suo preziosissimo naso alla Lloyd’s di Londra.

Il Museo del vino Zeni 1870 nasce invece dall’intuizione di Nino Zeni (il papà di Fausto, Elena e Federica). È il 1991 quando Nino inizia ad allestire un ambiente che possa raccogliere strumenti antichi e recenti, esempi di innesti e coltivazione che raccontano l’evoluzione del rapporto tra il vino e chi lo crea. Oggi è suddiviso in cinque aree tematiche, ognuna dedicata ad un aspetto diverso delle fasi produttive, dal trattamento delle piante alla raccolta, dalla trasformazione dell’uva all’imbottigliamento, il Museo del vino è visitabile gratuitamente.

E poi il vino. Zeni produce un milione di bottiglie tra Valpolicella, Valpolicella Superiore, Valpolicella Ripasso, Amarone, Recioto, Bardolino, Bardolino Chiaretto, Lugana, Soave con il 50% della produzione concentrata nella DOC Valpolicella, il 30% nella DOC Bardolino, il 15% nella DOC Lugana e il 5% nella DOC Soave. Ci sono vini di Zeni1870, soprattutto nella selezione FeF, acronimo derivante dai nomi di Federica, Elena e Fausto, di valore assoluto, che meritano una finestra di approfondimento dedicata, ma questa è un’altra storia.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.