
Marzo del 2004, enoteca “Al Campanile” di Portoguaro, Patrizia Felluga presenta, ad un pubblico, non so quanto davvero consapevole dell’importanza dell’evento, l’annata 2003 dei suoi due vini, il “Zuani Vigne” e il “Zuani Zuani” ottenuti da quel cru che è appunto la collina di Zuani in località Giasbana a San Floriano del Collio. Tra gli estimatori del progetto “Zuani”, all’epoca neonato, il grande Luigi Veronelli che subito ne aveva capito il grande potenziale. Ovviamente me ne innamoro ma dalle mie parti il vino è di difficile reperibilità, nemmeno l’enotecaro, al quale avevo ordinato qualche bottiglia, si fa più sentire, è l’oblio! Sono dovuti passare sei anni per ritrovare i vini Patrizia Felluga, ma sono dovuto andare direttamente alla fonte. La cantina di Patrizia Felluga e dei suoi figli, si trova proprio sul cucuzzolo della collina, circondata dai vigneti di Tocai Friulano, Chardonnay, Sauvignon e Pinot Grigio che sono poi i vitigni che andranno a costituire l’uvaggio per entrambi i vini.

Dalla sala di degustazione, aprendo una porta scorrevole, c’è una meravigliosa vista che ti fa comprendere che se è esistito il paradiso terrestre poteva avere solo quelle fattezze lì. Patrizia, gentilissima, ma che non si perde certo in convenevoli, versa i vini e racconta. Per primo il “Zuani Vigne”, il top wine, il super white (ebbene si maledetto Parker o era Carter…, come diceva quel personaggio di Alan Ford?), premiatissimo da tutte le guide, anche il monumentale (in tutti i sensi) Gèrard Depardieu, all’ultimo Vinitaly, lo ha definito “l’esaltazione massima dei sensi”; grande complessità di profumi floreali e di frutta, mineralità spiccata, fa solo acciaio ed ha un rapporto qualità prezzo strepitoso, un vino grandioso. Poi Patrizia versa il “Zuani Zuani”, anche lui super premiato ma meno “perfetto” del Zuani Vigne, ma proprio per questo più intrigante, più affascinante, con la sua straordinaria nota agrumata (Patrizia parla di Sicilia) al naso e in bocca e la persistenza infinita. A differenza del Zuani Vigne viene affinato in botticelle di rovere francese che gli conferiscono un bell’aroma di tostatura a dimostrare che la barrique non è il male assoluto come i modaioli “al contrario” adesso si ostinano a dire. Patrizia mi saluta donandomi uno splendido volume sulla storia di suo padre, Marco Felluga, il pioniere; io me ne vado con due cartoni e così tra questa immensità s’annega il pensier mio.
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