Il Tocai Rosso di Barbarano di Alessandro Pialli


Alessandro Pialli

Ho incontrato Alessandro Pialli e il suo Tocai Rosso di Barbarano l’anno scorso a Vinnatur, fu uno dei vini rossi che mi rimasero più impressi tra quelli degustati: grande eleganza, complessità, bella persistenza, un gran bel vino! Alessandro, persona di grande cordialità e simpatia ci raccontò della sua azienda e del suo amore per questo autoctono per eccellenza dei Colli Berici, m’incuriosì, mi fece appassionare a questo vitigno parente stretto della Garnacha spagnola, della Grenache francese, e della sarda Cannonau. Sette mesi dopo, in una giornata di novembre impossibile, ha sfidato la neve e il maltempo per partecipare alla manifestazione “Tutti i colori del vino” che i blog Wine Indulgence” e “La stanza del vino” avevano organizzato presso il Pes.co di Tessera; inutile dire che il manipolo di eno- eroi, che ha sfidato le intemperie per esserci, ha tributato grandi onori ai vini Pialli: tra vino degustato e venduto, Alessandro non è tornato a casa con nemmeno una bottiglia!

L’azienda si trova a Barbarano, 25 km da Vicenza, proprio ai piedi dei Colli Berici, in un paese di antiche tradizioni, ricco di storia e di cultura definito la “perla dei Berici”, la superficie vitata è pari a poco più di un ettaro di vigneto coltivato secondo agricoltura biologica. L’attività ebbe inizio negli anni ’60 del secolo scorso grazie ai patriarchi Gregorio e Silvio (Cio) che dapprima gestirono due aziende differenti, salvo poi riunirsi in un unico importante progetto che aveva come obbiettivo la produzione di vini pregiati. Agricoltura biologica si diceva, in vigna niente pesticidi, si bada alla tutela dell’ecosistema usando solo esclusivamente rame (max 6 Kg/Ha annui) e zolfo che non eliminano i patogeni me ne contengono lo sviluppo.  Alessandro dice che “la migliore difesa nel vigneto bio è la prevenzione, come ad esempio la rimozione e la bruciatura dei sarmenti dopo la potatura, la scarsa se non nulla concimazione, la costante osservazione delle viti e della situazione meteorologica ecc.” I filari dei nostri vigneti sono inerbiti per consentire un immediato intervento anche subito dopo una pioggia. La terra tra le viti è lavorata meccanicamente per contrastare le malerbe. La chioma viene tenuta arieggiata, i germogli che vanno a sovrastarsi vengono rimossi durante la scacchiatura creando così un microclima all’interno di ogni singola vigna sfavorevole alle malattie fungine.  I trattamenti insetticidi vengono effettuati solo con il piretro, fiore naturale usato nelle piastrine anti zanzare, in genere ogni tre anni. Le uve, vendemmiate a mano in piccole casse, dopo essere state diraspate e pigiate vengono messe in tini di rovere e di acciaio a macerare per 2 settimane circa.

Alla fine della fermentazione il vino viene trasferito nella nostra cantina interrata risalente a fine ’800 e messo in botti di rovere da 5 e 15 Hl. L’affinamento avviene naturalmente a temperatura e umidità costanti tutto l’anno e dura dai 12 ai 36 mesi in legno e 6 mesi in acciaio. Una volta in bottiglia i nostri vini riposano altri 6 – 12 mesi prima di essere commercializzati.

Le origini del Tocai Rosso di Barbarano
La storia narra che furono i canonici di Barbarano intorno al 1300 di ritorno dalla sede papale di Avignone a introdurre il Grenache, ma la leggenda è molto più romantica: si narra che questo insolito e curioso ceppo abbia avuto come padrino un semplice marangon, ossia un umile falegname di Barbarano Vicentino. Si narra che costui, al termine del servizio militare nel Comitato ungherese dello Zemplen (ai tempi di Maria Teresa d’Austria) si sia portato a casa le barbatelle di un vitigno che egli aveva avuto modo di coltivare e apprezzare nella zona del Tokaji, non rivolgendo al momento particolare attenzione all’uva bianca Furmint che da vita al celebre vino passito ungherese famoso in tutto il mondo, ma privilegiando una varietà più umile e per giunta a bacca rossa. Fu così che a Barbarano fu messa a dimora una nuova uva da affiancare alle varietà locali capeggiate dalla Garganega, in anticipo rispetto all’avvento dei bordolesi. L’uva fu denominata dai vignaioli del posto “Marangona” con il significato di “figlia del falegname”, mentre il vino diventò il Tocai del Marangon. Così raccontavano gli anziani di Barbarano fino a qualche anno fa. (Fonte Consorzio di tutela Vini Colli Berici).


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