
Sabato 28 giugno 2014 a Villa Attems di Lucinco, in provincia di Gorizia, si assegnava il Premio Collio. L’evento era particolarmente importante perché con l’occasione si festeggiava anche il cinquantesimo anniversario della fondazione del Consorzio Tutela Vini Collio e si decretavano i vincitori del premio Friulano & Friends, ovvero i migliori vini dell’anno del Friuli Venezia Giulia secondo una giuria di esperti degustatori italiani e internazionali. Tripudio e momento di grande visibilità per i vini friulani quindi, se non fosse che il past president del Consorzio Marco Felluga, nel suo breve ma folgorante intervento di saluto, segnalava alla platea, con grande rammarico, che i vini del Collio da un po’ di tempo a questa parte hanno perso fascino e interesse. Quest’affermazione di Marco Felluga mi ha sinceramente scosso perché viene da uno di padri della viticultura friulana, viene da colui che assieme a Mario Schiopetto (e altri ovviamente) ha contribuito a far conoscere il Collio nel mondo.

Certo il mercato cambia, i vini bianchi italiani sono in evoluzione, altre regioni (ad esempio Puglia e Campania) si affacciano prepotentemente con prodotti di grande qualità, a volte dalla bevibilità più netta rispetto a qualche vino friulano, ma è anche vero che assaggiando vecchie annate di Collio, Colli Orientali o Isonzo (tanto per fare qualche esempio la Malvasia 1992 di Venica & Venica, il Tocai Friulano 1994 e lo Studio di Bianco 1993, 1998, 2005 di Borgo del Tiglio, il Blanc des Rosis 2001 o il Bianco 2003 di Mario Schiopetto, il Col Disôre 2007 di Russiz Superiore) si rischia l’estasi. Come dimenticare poi che il Sauvignon più buono del mondo (Medaglia d’oro e il Trofeo speciale alla 5° edizione del Concorso Mondiale del Sauvignon, svoltosi a Bordeaux), il Tiare di Roberto Snidarcig, viene da Dolegna? Questi sono fatti incontrovertibili. Per contro però può essere vero che i vignaioli friulani si siano seduti sugli allori, che non abbiano badato a fare sistema e che si siano frammentati; che, in poche parole, Marco Felluga abbia ragione! Ho deciso allora di verificare lo stato dell’arte attraverso una piccola inchiesta che coinvolgerà produttori, enologi, presidenti di consorzio, addetti ai lavori, appassionati, rimanete sintonizzati.
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