
Renato, approfittando della bella proposta lanciata qualche settimana fa da Slowine “Stappa un ossidativo” e anche per rilanciarla, volevo porti qualche domanda in merito alle prospettive di mercato di questa tipologia di vini. Immagino che le ragioni del rischio estinzione, come paventato da Slow Wine, possano essere molteplici, ma sono altresì convinto che molto dipenda anche da una proposta di marketing non propriamente vincente e anche dal mancato innamoramento di media, comunicatori, sommelier che spesso tendono a snobbare questi vini. Ad esempio solo con gli abbinamenti cibo/vino si potrebbe fare la rivoluzione se non si pensasse solo allo scontato dolce con il dolce. Si può e si deve fare di più secondo te su questo fronte oppure è solo davvero una questione di prezzo che il consumatore percepisce elevato facendo si che questi vini alla fine rimangano confinati nelle cantine di pochi appassionati? Siamo il solito paese provinciale incapace di valorizzare vini che solo noi siamo in grado di produrre e che potrebbero tranquillamente essere patrimonio dell’umanità?

Renato De Bartoli: L’idea di fondo è che gli ossidativi saranno prima o poi riscoperti. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una serie di tappe che riassumerei così: negli anni Ottanta c’è stato il risveglio dei territori, negli anni Novanta abbiamo assistito al superego dell’uva, con le nuove pratiche enologiche (la tecnica del freddo, i lieviti e le nuove tecnologie che hanno messo in evidenza profumi, frutto, aromi primari). Gli anni Duemila sono quelli della maturità: si iniziano a riscoprire le zone antiche (un esempio su tutti, l’Etna) e di conseguenza la riscoperta della diversità e la conseguente riconoscibilità dei vini. L’ultima tappa, già in corso, è la riscoperta dei terziari, di cui una fetta importante è rappresentata proprio dagli ossidativi.
Sicuramente c’è stata una mancanza di interesse nel recente passato. Oggi iniziamo a scorgere un rinato interesse e la prova è che ne stiamo parlando. Se già Slow Wine, AIS con diverse degustazioni tematiche, l’ultima due giorni fa a Milano, l’uscita a breve di un articolo sulla nuova rivista dell’associazione, Vitae, a firma di Armando Castagno, e tu stesso, ti stai interessando e vuoi approfondire l’argomento, questo la dice lunga.
Sicuramente gli ossidativi non sono vini della quotidianità, ma non è il prezzo il limite (e per fare un ossidativo importante non si può pagare un prezzo “abbordabile”, sono vini che richiedono affinamenti molto lunghi e il lavoro che c’è dietro merita il costo richiesto).
Saranno sempre considerati vini gourmet, particolari, speciali, anche per la loro gradazione alcolica. Bisognerebbe, semplicemente, rilevare un po’ di quote di mercato rispetto ai super alcolici (penso a un 3/4% a carico di whiskey, cognac, grappe, ecc.) per risollevarne le sorti degli ossidativi in maniera concreta.
Riguardo alla domanda se siamo provinciali oppure no, direi piuttosto che siamo esterofili e il fenomeno è più o meno accentuato in base alle regioni. Crediamo poco nelle nostre capacità o nelle nostre tradizione.
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