Chiaretto, Lugana, Bardolino e Alessandra Castellani


Volendo riassumere in un solo slogan quanto assaggiato all’Anteprima 2016, si potrebbe dire che Chiaretto, Lugana e Bardolino sono vini che non hanno fretta. Bottiglie versatili e non solo per l’abbinamento cibo vino, ma anche perché in grado di mescolare le carte al tempo: il Lugana lo puoi anche bere d’annata e in questo senso la 2015, degustata alla cieca, ha convinto pienamente; oppure lo puoi bere nel suo massimo splendore con qualche anno sulle spalle, diciamo anche tranquillamente più di un decennio, come ad esempio il Cà Lojera Lugana Superiore 2002 della famiglia Tiraboschi. Il Chiaretto, per il quale la “Rivoluzione Rosé” procede a vele spiegate e cresce ad ogni assaggio, non ha questa prospettiva sul lungo tempo; giustamente, Maria Grazia Melegari, dice che non siamo in Francia a Bandol, ma è anche vero che il consumatore estero inizia a bere questo vino dal secondo anno di vendemmia, tanto per fare un esempio.

Discorso ancora diverso per il Bardolino che con il progetto “Bardolino Village” mira a valorizzare il lavoro di zonazione che già a fine ottocento aveva individuato l’unicità delle tre macro aree di Bardolino, Caprino e Sona, dove la Corvina veronese esprime grande eleganza e dona vini in grado durare nel tempo. In definitiva ho assaggiato degli ottimi vini, confermando l’impressione che in quella sponda del Garda ci sia notevole fermento e si stia facendo un gran bel lavoro. In questa edizione dell’anteprima non è stato solo il vino a lasciare il segno, ma anche un incontro: Alessandra Castellani, vignaiola in Bussolengo, precisamente in Località Cà dei Rotti, luogo che da anche il nome all’azienda. Parliamo di una piccola azienda di 5 ettari, con una produzione di circa 20.000 bottiglie. Folgorato sulla via di Lazise da lei e dal suo delizioso Chiaretto 2015, ho deciso di farle qualche domanda per conoscerla meglio, questo è il racconto che ne è seguito.

Alessandra, chi, come me, è malato di vino brama per incontrare persone come te, perché intuisce subito che hanno storie bellissime da raccontare. Come prima cosa ti chiedo da dove vieni, come e perché arrivi al vino.

Sono nata a dicembre, precisamente il 30 dicembre 1988. Da sempre mi hanno definita il’ maschiaccio” di casa, figli maschi non ce n’erano, eravamo solo io e mia sorella minore. Invece di giocare con le bambole stavo sul trattore o a giocare sui ciliegi. Nel 2007, finite le scuole superiori, mi sono iscritta all’Università alla Facoltà di Biotecnologie Agro-Industriali. Nel maggio del 2008 mio Papà viene ricoverato per un intervento e da li iniziò tutto. La mia università si trovava a Borgo Roma, dove mio Papà fu operato la prima volta. Io invece di andare a lezione ero sempre lì e mio Papà mi chiedeva se non avessi mai lezione, io gli dicevo che mancava il professore. E’ stato in quel momento che ho capito la mia strada. Non volevo fare la biotecnologa anche perché mi sentivo un pesce fuor d’acqua in quella facoltà. Io però non ho detto nulla a mio Papà, solo a mia mamma. A settembre ho fatto il test per entrare a Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche e sono risultata idonea. Tutta entusiasta ho dato la notizia a mio Papà. La sua risposta è stata: “Se lo fai per far piacere a me non lo accetto, se lo fai perché ti piace, allora va bene “. Eravamo in vendemmia e stavamo lavorando quindi penso che abbia capito che lo facevo perché mi piaceva. Da lì in avanti mi ha insegnato a fare i trattamenti alle viti, a potare e tutto (o quasi) quello che riguardava la cantina. Custodisco vari quaderni che mi sono fatta negli anni; man mano che mio Papà m’insegnava qualcosa, me la scrivevo sul quaderno, lo faccio ancora oggi. Negli anni successivi la malattia di papà si è aggravata al punto tale che i suoi dolori erano talmente forti da essere insopportabili anche per noi che gli eravamo vicini. Lui non ha mai voluto dire a nessuno della sua malattia, solo a noi della famiglia. La nostra ultima vendemmia insieme è stata la 2013. Eravamo in cantina, stavamo facendo il travaso di fine fermentazione, io ero alla pompa. Sento urlare il mio nome, esco fuori dalla cantina e l’ho preso tra le mie braccia e appoggiato su una sedia: papà aveva perso la forza nelle gambe. Così ho iniziato a portare avanti la vendemmia da sola, ma lui veniva con la sedia a rotelle o mi telefonava alla sera per sapere quanto avevo da fare ancora per andare a cena. La vendemmia del 2013 è finita sabato 12 ottobre. Lunedì 14 ottobre mio papà entra in ospedale per aspettare l’ennesima terapia. Io andavo in ospedale di sera finito il lavoro in cantina per fargli vedere le analisi e assaggiare il vino. Il 24 ottobre 2013 mio Papà dopo una lunga sofferenza se ne andato. Avevo la testa in confusione. Piena confusione. Mio nonno era il titolare, ma usciva poco da casa vista l’età, non faceva più nulla in cantina. Cosa faccio? Mollo o vado avanti? Ci provo almeno? Mille domande. I giorni successivi alla morte di mio papà sono stati molto impegnativi. Fra travasi e clienti che mi chiamavano per sapere se andavo avanti, ho sentito una grande forza dentro me. Ho detto se mollo tutto, quello che ho imparato da mio Papà va perso. Allora mi sono rimboccata le maniche, ho detto a mia mamma che sarei andata avanti. A giugno purtroppo l’ha raggiunto anche mio nonno. E oggi eccomi qui.

Mentre raccontavi il tuo vino nella degustazione tutta al femminile dell’Anteprima Chiaretto , nonostante la tua timidezza, si è percepita una grande forza di carattere che chiamerei anche caparbietà. Immagino che ciò sia stato determinante per caricarti sulle spalle, così all’improvviso, la responsabilità di un’azienda vinicola: qual è stato lo stimolo che ti ha fatto propendere per continuare, dove hai trovato il coraggio e l’ispirazione per non mollare tutto, magari veniva più facile vendere.

Io ero innamorata di mio Papà, la forza l’ho presa da lui perché nonostante la malattia che stava vincendo lui metteva sempre il Vino al primo posto. Anche se soffriva, lui cercava di farmi imparare il più possibile, lui credeva in me e spero sia fiero di dove sono ora.

 Domanda Marzulliana ma necessaria: quali sono i tuoi progetti, come ti vedi nei prossimi anni, cosa sogni? Hai introdotto novità o le introdurrai rispetto al modo di pensare il vino di nonno e di tuo papà?

Il 2016 è il secondo anno che non pratico il diserbo chimico nei vigneti. Taglio l’erba. Tratto le viti come mie figlie. Le novità sono che ho cambiato bottiglia ed etichette quest’anno grazie all’aiuto di mio zio Gianluca (fratello di mio Papà) al quale ho chiesto una mano per rinnovare il look dell’azienda. Mi piace sempre tenermi aggiornata sulle novità in cantina. Io faccio vendemmia manuale perché i miei vigneti sono principalmente a pergola. La mia tesi di laurea trattava dello studio sulle vendemmiatrici meccaniche, volevo vedere come lavoravano. In futuro mi piacerebbe ampliare la cantina con un bel punto vendita e magari avere ettari in più.

 Oltre ai vini del tuo del tuo territorio, cosa bevi Alessandra, cosa ti piace?

Non posso andare molto in giro per cui spesso sono i miei clienti che mi portano bottiglie provenienti dai loro paesi per farmele assaggiare. Mi piace assaggiare tutto.

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