
Chiedilo a Gino Marino che in località Biscardi di Cropalati, sulla strada statale 177 Silana di Rossano, al Km 55.700, gestisce un agriturismo, ristorante, bed & breakfast, dove propone esclusivamente le antiche tradizioni culinarie della Sila Greca Calabrese. Chiedilo a Sergio Franco che da più di trent’anni (lui ne ha quaranta) si sveglia tutte le mattine alle quattro per produrre formaggi e latticini di capra e mucca seguendo rigorosamente l’antica arte casearia della sua terra. Oppure chiedilo a Vincenzo Brunetti che a Paludi di Rossano alleva vacche di razza podolica calabrese, bovini a rischio di estinzione, i cui costi di allevamento sono più alti rispetto a quelli di razze più conosciute e dove gli allevatori seguono un disciplinare rigidissimo. Oppure chiedilo a Emilio Simone e ai suoi “Vins du Garage”, che dimostrano che non solo a Cirò, ma anche sulle colline della Pre-Sila, si possono fare vini molto interessanti, spigolosi e affascinanti come la terra da cui provengono (su tutti il Nerello Cappuccio 2013 che in alcuni aspetti ricorda il Terrano). Chiedilo a Dino Briglio Nigro che a San Marco Argentano, tra il Pollino e la Sila, assieme a due amici fraterni, guidato dalla forza delle radici e da un pizzico di sana pazzia, fa vini artigianali di straordinaria personalità. Chiedilo a Pasquale Vulcano che da qualche anno ha aperto a Mirto Crosia (9.486 abitanti), in pratica a ridosso della Strada Statale 106 Jonica, una bottiglieria/enoteca con l’obiettivo di promuovere le eccellenze della sua amata Calabria, vini di piccoli produttori sconosciuti ai più.

Mi perdonerà la Chiesa Cattolica se prendo a prestito lo slogan di una riuscitissima campagna pubblicitaria e non sembri blasfemo il paragone, perché tutti i ragazzi che ho citato sono benefattori di anime, in senso laico e gastronomicamente parlando naturalmente. Persone che amano e credono in maniera viscerale nella loro terra e nel suo rilancio, nel suo riscatto. Una terra durissima, a tratti degradata, aspra; almeno questa è la sensazione che ti rimane dentro percorrendo quel tratto di Calabria che passa per la Piana di Sibari lungo la costa Jonica. Poi però quando smetti di essere turista e divieni viaggiatore, ogni luogo si fa intimamente tuo, in una sorta di comunanza antropologica. Qualche esempio? Cerchiara di Calabria, il Santuario di Santa Maria delle Armi, la Grotta delle Ninfe Lusiadi, Rossano e il suo Codex Purpureus, il Parco della Sila, il Lago Cecita che sembra di essere in Oregon. Posti di ancestrale bellezza. Ancora una volta di più, e so di scoprire l’acqua calda, visitando questo trattato di Calabria, ho capito che per avvicinare le persone al vino, ma anche per farle ritornare ad assaporare un cibo autentico e sano, bisogna incontrare contadini, vignaioli, casari, ristoratori, autentici. Conoscere le loro storie, il loro lavoro, per poi raccontarlo. Basta perdersi in tecnicismi inutili, in deliranti descrizioni tecniche, in giaculatorie che servono solo ad allontanare le persone che nel vino (e nel cibo) cercano esclusivamente piacere e convivialità; spesso ho la sensazione che molti addetti ai lavori, per lo più malati di protagonismo, ci sia più la perversa volontà di escludere, quando, invece, il vino, ma lo ripeto anche il cibo, sono strumenti d’inclusione straordinaria.

Ecco, questo è proprio quello che fa Gino Marino nel suo agriturismo, include, aggrega, anzi è un collettore per tutte le eccellenze del suo territorio (carne di vacca podolica, maiale nero di Calabria, formaggi e latticini di capra e di vacca, carne di cinghiale, ortaggi e verdure, marmellate tradizionali e ovviamente vino) e non siamo nel centro di Milano, ma in Località Biscardi di Cropalati a 400 metri sul livello del mare, che per arrivarci devi percorrere strade di mezza montagna. Da oggi in poi, quando incontrerò un lavoratore del settore enogastronomico annoiato, privo di amore e passione, o peggio maleducato, gli parlerò di Gino Marino, un ragazzo di quarant’anni che fa il proprio mestiere, andando ben oltre a ciò che dovrebbe essere la sacrosanta attenzione al cliente: per lui si tratta di una sorta di Xenia, secondo il concetto di sacralità dell’ospite del mondo greco antico, e non poteva essere diversamente visto che la Sila Greca, lembo occidentale dell’altipiano silano, gli ha dato i natali.
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