Chateau Valandraud, Giorgio Primo e il paradosso toscano


I vini di Chateau Valandraud

No, non è il titolo di un nuovo film di Lina Wertmuller e l’esperimento scientifico del “Paradosso Francese” non c’entra nulla, questo volo pindarico mi serviva per accostarmi al concetto di paradosso (Dal dizionario Sabatini Colletti: Dimostrazione che, partendo da presupposti generalmente riconosciuti come validi, giunge a conclusioni contrastanti con l’esperienza oppure intrinsecamente contraddittorie).
Procediamo con ordine. Lunedì 31 maggio, a Villa Braida di Mogliano Veneto va in scena il Wineday 2010, evento organizzato da Balan uno dei più importanti distributori italiani di vino; per chi non lo conoscesse   il Wineday, è una straordinaria manifestazione dove, previa registrazione, è possibile incontrare le aziende italiane e straniere distribuite  da Balan e partecipare gratuitamente (incredibile!) a spettacolari degustazioni verticali. Prenotando con largo anticipo sono riuscito a iscrivermi alla verticale di Chateau Valandraud (cinque annate) e di Giorgio Primo (sei annate). Alla degustazione di Chateau Valandraud Saint Emilion Grand Cru (70% merlot, 25% cabernet franc, il rimanente distribuito fra cabernet sauvignon e malbec.), condotta dal proprietario Jean-Luc Thunevin ero emozionato come un bambino, avevo di fronte il “Vin de garage” per eccellenza, diventato in pochissimo tempo, grazie all’onnipotente Robert Parker, uno dei vini più ricercati e importanti (anche nel prezzo) del mondo. Partiamo con il 2007, al naso e in bocca si sente pesantemente la vaniglia, sembra un vino wafer e purtroppo nemmeno Loacker, tannino pesante; passiamo al 2004, tannino durissimo allappante (inizio a preoccuparmi); per il  2003 migliora il naso, ma in bocca è statico; il 2001 presenta un bel naso ma in bocca si sente molto l’alcol; a chiudere il 1999. Thunevin, mettendo le mani avanti, ci dice che a Bordeaux l’annata è stata molto piovosa e difficile e degustando queste problematiche sono molto evidenti; finita la verticale,  sono sconcertato e deluso.

Erwan Le Brozec – Giampaolo Motta

Il tempo di preparare la sala e Giampaolo Motta, proprietario di Fattoria la Massa, guida la verticale del suo vino “Giorgio Primo”. Giampaolo Motta è originario di Napoli, ma è in toscana, nella “Conca d’oro di Panzano” che ha trovato il suo Eden; si vede che è vignaiolo innamorato e appassionato, Giampaolo, che agli inizi è stato produttore di Chianti Classico di grande qualità è successo internazionale, dopo un attento studio, durato più di un decennio, sui suoli e le tecniche di vinificazione, decide di destinare il Sangiovese alla produzione del “second vin” dell’azienda (La massa) e di produrre Giorgio Primo esclusivamente con taglio bordolese (merlot 50%, cabernet sauvignon 40% e petit verdot 10%). La degustazione (annate 2001, 2004, 2006, 2007 e anteprime del 2008 e 2009) del Giorgio Primo è tesa a far vedere l’evoluzione del vino partendo appunto dal 2001 (chianti classico DOCG e quindi Sangiovese) per arrivare al taglio bordolese di oggi. Ho trovato nel complesso i vini di Fattoria  La Massa, rispetto a Chateau Vallandrad, più intensi nei profumi, più equilibrati ed armonici, decisamente più intriganti e bevibili. In conclusione, il paradosso sta nel fatto che il bordolese Toscano fatto da mani italiane è più buono e costa molto meno del chiacchierato bordolese di Francia  che deve gran parte delle sue fortune ai “Re Mida” di enolandia (Robert Parker e Michel Rolland), o forse è proprio questa la causa del paradosso,  giusto Jonathan Nossiter ?

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