Tre domande a Roberto Cipresso


Roberto Cipresso è uno dei Winemaker più famosi del mondo, se dovessimo fare un parallelo con la musica rock potremmo dire che è famoso come Mick Jagger o Bono Vox, ed è proprio per questo motivo che mi sono meravigliato quando ha risposto (addirittura nel giro di pochi giorni) a tre domande che gli avevo inviato per pubblicarle sul blog.  Questo spazio web è nato da poco, non offre una grande ribalta, ma questo conferma un convincimento che ho da tempo e cioè che le persone davvero “grandi” e importanti, in realtà,  sono di un’umiltà straordinaria. Grazie Roberto!

Ecco l’intervista:

Molti parlano di una natura che ci sta lanciando segnali allarmanti, di  mutamenti climatici repentini e sconvolgenti: nei tuoi viaggi in tutto il  mondo, hai colto segnali simili nell’ ambito della coltura della vite che  possono andare ad incidere sulla qualità del vino o ritieni che siano  allarmismi ingiustificati?

Riguardo in generale alle possibilità di sopravvivenza e di coltivazione della vite, giudicherei del tutto ingiustificata qualsiasi preoccupazione; si tratta infatti di una specie molto plastica ed adattabile, in grado di trovare la propria strada anche con nuovi assetti climatici; certo, se tali previsioni dovessero avere effettivamente un riscontro, il panorama viticolo mondiale subirebbe degli sconvolgimenti, costringendo ad una nuova pianificazione delle varietà da impiegare e dei luoghi più adatti ad ospitarle, a tutto svantaggio di quelli che adesso risultano essere i terroir di elezione dei vitigni e dei vini più celebri del mondo. Senza sottovalutare le importanti conseguenze che il fenomeno potrebbe produrre, con imponenti ricadute anche sociali ed economiche, questi cambiamenti nell’attuale assetto potrebbero portare ad un’evoluzione per molti aspetti anche positiva; l’uomo sarebbe infatti costretto ad una nuova ricerca, mirata alla individuazione dei vitigni più adatti ad interpretare i nuovi areali viticoli, in totale libertà dagli attuali vincoli legati alla tradizione o alle mode momentanee.

Leggendo il capitolo Secondo Bicchiere di Vinosofia mi venivano in mente delle assonanze con il testo Brucia Troia di Vinicio Capossela: anche in questa  canzone il vino ha il compito di “Accendere gli ardori e obnubilare la paura”dei guerrieri. Alla luce di ciò, permettendomi forse un volo pindarico, non credi che il  vino, per chi è capace di interpretarne il significato più profondo, possa  essere Arte ed avere lo stesso potere evocativo della letteratura, della poesia e della musica?

Senza dubbio, e per molte ragioni; in primo luogo in quanto prodotto, per sua natura irripetibile, dell’azione combinata dell’ingegno umano e di fattori variabili ed incontrollabili come quelli connessi alla natura del suolo e alle condizioni climatiche; in secondo luogo in quanto elemento vivo, in continua mutazione, diverso in funzione del momento nel quale si decide di assaggiarlo; infine, quale componente ormai fondante della nostra cultura, legata in modo indissolubile alle altre espressioni artistiche ed in generale sovrastrutturali dell’attività umana.

Esiste un vitigno che ti ha sorpreso più di altri, per il quale hai avuto  magari una iniziale sorta di pregiudizio mentre, successivamente, visti i  risultati, ti sei dovuto ricredere?

Ogni qual volta mi avvicino ad un vitigno per me poco conosciuto scatta un meccanismo simile al pregiudizio, ma che in realtà deve essere letto come paura, rispetto per un elemento dotato di vita e caratteristiche proprie, da interpretare più che da controllare. Tra le varietà per me più sorprendenti vorrei comunque citare il Pignolo, vitigno friulano di grande orgoglio e dignità, l’irruenza del quale deve essere bilanciata da un intervento opportunamente calibrato, ed il Nebbiolo che, molto difficile da gestire, richiede un’attenzione contuinua e costante – per questo sono solito definirlo vitigno di vignaioli e non di winemaker -. Un altro vitigno molto particolare è infine il Grenache, altrimenti noto come Cannonau, Garnacha, Alicante o Tocai Rosso, varietà multiforme e camaleontica che credi di conoscere ma che è sempre pronta a stupire e a cambiare veste in funzione dell’ambiente di coltivazione.


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