
Venezia, una domenica di metà marzo, la cornice è quella del lussuoso Hotel Monaco & Grand Canal, la Fisar ha riunito 65 produttori friulani e giuliani per la manifestazione “Vini friulani: gradito l’abito bianco”; si bissa il grande successo ottenuto l’anno precedente con “Gradito l’abito rosso”, questa volta, come il titolo lascia facilmente intuire, vengono celebrati i vini bianchi. Girando per i banchi d’assaggio i nomi sono davvero altisonanti e già questo basterebbe per regalare agli appassionati una giornata memorabile, di quelle da incorniciare, ma siamo a Venezia, la città dei sogni, dei momenti unici e Aurora Endrici e Paolo Ianna, straordinari professionisti del vino che hanno collaborato con Fisar per l’organizzazione della manifestazione, hanno pensato di proporre agli appassionati un evento unico, uno di quei momenti che ti fa dire con un pizzico di supponenza “Io c’ero”! Immaginate di riunire nella stessa degustazione tre incredibili personaggi come Gaspare Buscemi, Nicola Manferrari (Borgo del Tiglio) e Gianfranco Gallo (Vie di Romans), autori di vini mito del Friuli Venezia Giulia e immaginate che ciascuno di loro presenti due annate di un vino bianco, uno relativamente giovane e una con almeno più di dieci anni sulle spalle, fantastico no? Nicola Manferarri ha presentato due Chardonnay “Selezione”, nelle annate 2009 e 2001; Gianfranco Gallo il Sauvignon “Piere” nelle annate 2008 e 1996 (in magnum); Gaspare Buscemi l’Alture Bianco annata 2006 e l’Alture Bianco “Riserva Massima” annata 1987, entrambi a base Pinot Bianco. Non capirò mai come qualcuno possa ancora ostinarsi a dire che i vini bianchi non possono invecchiare e che storca il naso se in bottiglia compare un’annata più vecchia di due anni. Siamo schiavi dei luoghi comuni, i vini bianchi devono essere giovani, fruttati, immediati; niente di più falso, i vini bianchi (ovviamente di grande struttura) sono in grado di invecchiare quanto e come i vini rossi emozionando, ma questa è ovviamente una mia considerazione personale, anche più dei rossi. Per fare un esempio, mi viene in mente l’assaggio fatto qualche mese fa grazie ad Andrea De Nardi di Casa Caterina del Rovul (50% chardonnay e 50% pinot bianco) un raro vino de La Viarte che recava in bottiglie l’anno 1985, sconvolgente per complessità ma anche per equilibrio. E’ proprio vero che l’eleganza e la classe non hanno tempo, immagina un film di Billy Wilder con Marilyn, un grande vino bianco e il mondo la fuori può aspettare!
Piccoli appunti di degustazione
Nicola Manferrari (Borgo del Tiglio) ha vinificato per la prima volta lo chardonnay nel 1988 e quindi dice che la sua è un’esperienza “terribilmente breve”; sarà ma se questi sono i risultati, non oso pensare cosa farà tra una decina d’anni…. si può fare più di un capolavoro? Lo chardonnay selezione 2009 è morbido ma ancora troppo giovane, il 2001 è austero, pieno di nerbo, grande complessità, di una vitalità incredibile.
Per Gianfranco Gallo (Vie di Romans) grande terroir e grande annata sono due parametri necessari per fare un vino longevo; e il Friuli con la sua commistione tra clima mediterraneo e clima continentale possiede un’unicità che pochi terroir al mondo hanno.
Il Sauvignon Piere 2008 è il frutto di un’annata molto calda che però ha avuto grani escursioni termiche, bel vino ma sicuramente ancora giovane, mentre il Piere 1996 deriva da un’annata molto, fredda, che per anni è stata poco considerata mentre oggi è in grado di dare davvero un gran bel sauvignon in grado di emozionare anche chi non ama particolarmente questo vitigno.
Con il pioniere Gaspare Buscemi il Friuli scopre il ruolo dell’enologo, Gaspare, però ama definirsi “enologo fuori dal coro” e “vinificatore artigiano”; i suoi vini sono incredibili, in grado di affrontare il tempo come pochi, ne è un esempio evidente, l’Alture Bianco “Riserva Massima” 1987, di una complessità unica, magnifico nella sua mineralità.
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