
La Trento Doc è la zona più vocata per il metodo classico in Italia? Domanda rischiosa, risposta non facile, certo è che in Franciacorta si stizzirebbero parecchio per un’affermazione del genere. È vero però, lo dicono i geografi, che per uno strano calcolo di latitudini che diminuiscono e longitudini che aumentano, le stesse caratteristiche di Epernay, la capitale della Champagna si trovano solo in una fascia di Trentino e in nessun’altra zona d’Italia. Con questi presupposti la qualità del Trento Doc, se non riferimento per il metodo tradizionale italiano, dovrebbe quantomeno dare vini di assoluta eccellenza. Niente di meglio quindi che una degustazione rigorosamente alla cieca per sostenere l’onere della prova o della pistola fumante che dir si voglia. Luogo del fatto Palazzo Rocca Bruna, nelle cui stanze è ospitata l’Enoteca provinciale del Trentino e dove Sabrina Schench ha riunito 5 degustatori per verificare lo stato dell’arte con 34 vini (2 dosaggio zero, 2 extra brut, 25 brut e 5 riserve) presenti in quel momento in enoteca, senza andare alla ricerca della bottiglia particolare o ancora peggio della cuvée journaliste. Una foto reale, senza Photoshop. Risultato finale? Colori e sfumature bellissimi, stile e talento, una bella mano in somma. Fuor di metafora davvero un livello altissimo, vini di grande personalità che cercano una strada propria senza scimmiottare più di tanto i cugini d’oltralpe.
To be continued: “Bollicine su Trento 2013”
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