Miha Batič, El Pibe de Oro


Miha Batič

Un’attesa durata anni prima di andare in cantina da Miha Batič. Qualche degustazione in giro per l’Alpe Adria, incontri (rari a dire il vero) a qualche manifestazione, ma quel passaggio a Šempas nella Vipavska Dolina sembrava non arrivare mai. Non è perniente vero quanto dice Gotthold Ephraim Lessing che “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere”. È visitando il Genius nel Loci che accade qualcosa d’importante, qualcosa di rivelatorio (addirittura); perché i tesori, uno come Miha Batič, non li porta tanto in giro, preferisce tenerli nascosti, un po’ per timidezza, un po’ perché come tutti i grandi vignaioli ha pudore nel presentare ad altri il proprio lavoro. Nella visita a Šempas nessun giro in cantina, giusto per continuare ad alimentare quell’alone di mistero sulle stanze dell’alchimista. Si è cominciato subito dalla degustazione nel soggiorno di casa sua, manco si trattasse di un pranzo domenicale con i parenti. Inizio indolente; per carità bei vini, ma già noti agli appassionati: Rosè 2012 da uve Cabernet sauvignon, gli autoctoni  Rebula (Ribolla) 2011e Pinela 2009, Sivi Pinot (il grigio) 2011. Un po’ come guardare il divino Maradona palleggiare: “Una meraviglia, sicuro, ma dal genio ti aspetti il lampo risolutore,  il gol del secolo, come nella semi finale dei mondiali del 1986 contro l’Inghilterra”.

Miha, dopo il riscaldamento, capisce che è il momento di cominciare a fare sul serio e parte con una mini verticale di Zaria (uvaggio di 55% di Pinela e poi Zelen, Rebula, Vitovska, Klarnika, Moscato Giallo e Chardonnay), prima il suadente 2011, poi l’intenso ma troppo giovane 2012 per finire con il 2009, la summa. Adesso Miha è lanciato verso la porta avversaria e non lo ferma più nessuno. Scende nell’antro del mago e porta su Zaria 2007 da botte scolma senza rabbocchi, alla maniera dei vini della Jura. È titubante nel versarlo, dice che non è un vino che vende, è solo per gli amici, si siede e aspetta la reazione dei suoi ospiti. Qualcuno inizia a balbettare, altri sono in estasi totale, qualcuno trasecola, c’è grande stupore e concordanza nel dire che è uno dei vini più buoni mai bevuti. La partita del Pibe de Oro sloveno potrebbe anche finire qui, ma Miha vuole giocarsela tutta, fino in fondo.

Scende ancora, si sentono dei passi nelle scale, forse raggiunge una camera dei segreti? Porta su altre bottiglie: Angel Grand Cuvèe bianco (in anteprima, non in commercio perché è ancora indeciso sull’etichetta), ottenuto da vini di varie annate tra cui Ribolla 2007, Sauvignon 2008 e altro che purtroppo si perde nell’ estasi dell’assaggio della Rebulla 2007 in purezza, sempre da botte scolma, che andrà a far parte dell’Angel su detto. La gioia stordisce, ma ecco che arriva il Sauvignon 2009. Chi pensa che i grandi Sauvignon abbiano dimora solo nella Loira si ricrederà dopo aver assaggiato questo vino. Si dimentichi il varietale scolastico, qui non esiste. Il naso all’inizio dà un certo turbamento, fa discutere (olio d’oliva, mentuccia, peperoncino, aglio, erbe aromatiche), profumi e sapori che rimandano a ricordi nitidi, e muove corde di organi sensibili! Partita finita? Non prima di aver saggiato la bellezza dell’Angel rosso 2006 (Merlot 85% e 15% di Cabernet Sauvignon). Fumo, torba, spezie, tabacco e una bocca da ricordare per sempre.

Ci sono tre generi di calciatori. Quelli che vedono gli spazi liberi, gli stessi spazi che qualunque fesso può vedere dalla tribuna e li vedi e sei contento e ti senti soddisfatto quando la palla cade dove deve cadere. Poi ci sono quelli che all’improvviso ti fanno vedere uno spazio libero, uno spazio che tu stesso e forse gli altri avrebbero potuto vedere se avessero osservato attentamente. Quelli ti prendono di sorpresa. E poi ci sono quelli che creano un nuovo spazio dove non avrebbe dovuto esserci nessuno spazio. «Questi sono i profeti. I poeti del gioco».

Osvaldo Soriano

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