Si può bere un prosecco del 1992 traendone giovamento? Certo, basta chiamarsi Primo Franco


Primo Franco

Primo Franco festeggia quest’anno trenta vendemmie. Correva l’anno 1983 quando la prima bottiglia con stampato in etichetta il suo nome aprì nuove prospettive per il Prosecco di Valdobbiadene; fino ad allora la storia era stata quella di papà Nino. Primo fu innovatore, ma orgoglioso delle sue radici non cambiò il nome dell’azienda che ancora oggi si chiama Nino Franco. È pur vero che gli anniversari si festeggiano di continuo nel mondo del vino e fin qui nulla di strano. La famiglia Franco (Primo coadiuvato dalla figlia Silvia che affianca il padre nella gestione dell’azienda) ha, infatti, deciso, per celebrare al meglio la ricorrenza, di organizzare 30 degustazioni itineranti in giro per l’Italia. In sostanza si tratta di una verticale con alcune annate scelte tra i millesimi che vanno dal 1992 al 2013. Certo, una bella idea promozionale che però non avrebbe nulla d’incredibile se non fosse per il fatto che stiamo parlando di assaggiare del Prosecco che ha più di vent’anni. Impossibile si dirà!È pur vero che qualche Sur Lie resiste nel tempo (il 1982 di Umberto Marchiori ad esempio) ma per bottiglie ottenute con il metodo Martinotti la cosa non parrebbe logica, ma tant’è.

Primo Franco è riuscito a farmi dire che un 2013, nello specifico il Prosecco Vigneto della Riva di San Floriano, era ancora troppo giovane, ma non solo, ha fatto di più; è riuscito a farmi riconciliare con il Prosecco che da un po’ stavo, ingiustamente, snobbando, pur sapendo dell’esistenza di cantine di assoluto valore. Certo, resta il fatto che l’enfasi con cui si parla del Prosecco, a volte, è davvero fastidiosa; senza dimenticare le bottiglie coi lustrini, quelle fosforescenti, il “prosecchino” dei wine bar alla moda, o la litania, presuntuosa, che il Prosecco ha superato lo Champagne, ecc.  Poi, per fortuna, ci sono cantine come Nino Franco (naturalmente non è la sola, potrei fare tanti altri bei nomi) che non sono mai state tutto questo, anzi sono sempre state sinonimo di stile e classe, capaci di far diventare la Glera altro da sé, facendo scoprire per quest’uva un potenziale davvero inaspettato. Non più bollicina, spumante o come diavolo si chiami, ma semplicemente vino, e che vino!

Primo Franco verticale 1992 – 2013
Premessa doverosa: dei vini degustati solo il 2013 è in commercio, tutti le altre annate sono documento storico e non in vendita.

Prosecco Primo Franco 2013 (Dry). Primavera umida, poi cambio di stagione repentino con una maturazione che ha preso tutti alla sprovvista. Al naso belle note di mela Golden ma anche glicine, in bocca è di bella finezza.
Prosecco Primo Franco 2005 (Dry). Si comincia a volare alto. Un colore oro bellissimo, naso di confettura di albicocca, frutta matura e incenso. In bocca è di straordinaria finezza, l’acidità  ancora intatta.

Prosecco Primo Franco 2003 (Dry). Annata caldissima. Primo Franco dice che da questo millesimo in poi, a causa dei cambiamenti climatici, nulla è stato più come prima. Anche in questo caso magnifico il colore oro, al naso albicocca e miele in evidenza. In bocca è rotondo, notevole ancora la freschezza.

Prosecco Primo Franco 1997 (Dry). Leggerissima nota ossidativa molto intrigante e poi zenzero e agrumi. Non particolarmente pimpante in bocca rispetto alle annate precedenti ma è ancora un gran bel bere.
Prosecco Primo Franco 1995 (Dry).  Piovve in vendemmia, uva marcia, fu una vendemmia difficile. Meno note di dolcezza rispetto a quelli assaggiati precedenza; purtroppo una nota ossidativa importante lo penalizza. Primo Franco dice di aver aperto a Firenze qualche giorno prima una bottiglia della stessa annata ma con esiti completamente differenti.

Prosecco Primo Franco 1992 (Dry). Maledetta sudditanza psicologica, se fosse un francese staremmo qui a parlare di nettare sublime ma è Glera, quindi meglio mantenere un certo aplomb.  Naso intrigante e complesso di confettura di albicocca, miele e zenzero. In bocca poi è davvero emozionante. Un tesoro inestimabile, soprattutto per il valore storico.

Vigneto della Riva di San Floriano 2013 (Brut). Bel naso delicato di frutta fresca, soprattutto mela, pera e fiori. In bocca è pieno, profondo. In questo momento non di eccesiva finezza, ma si farà! Infatti il Vigneto della Riva di San Floriano 2012 è rotondo, elegante ed ammalia.

Grave di Stecca Brut 2010. Dall’omonimo vigneto di proprietà situato a Valdobbiadene alle pendici delle alpi. Qui la Glera si esalta, ma soprattutto fa dimenticare, nel bene e nel male, lo stereotipo del Prosecco. Non tutti i convenuti l’hanno apprezzato immediatamente eppure è un vino importante. Ne avrò la conferma a pranzo assaggiando il Grave di Stecca Brut 2008. Vino di grande delicatezza, setoso, pieno, profondo, un manifesto per la Glera.

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