Merano WineFestival 2015, elogio dell’evento collaterale


Il Merano Wine Festival è giunto alla ventiquattresima edizione; tempo di bilanci per Helmuth Köcher, dato che la manifestazione sta per raggiungere un traguardo ragguardevole come il quarto di secolo. Successo indiscutibile, al punto che è uno dei rari casi in cui la parola evento coglie l’essenza del suo significato vero senza essere usata a sproposito come spesso accade. Qualcuno, volendo fare un parallelismo con il mondo del cinema, ha definito il Merano Wine Festival come la Cannes dell’enogastronomia e forse il paragone è davvero azzeccato perché, grazie anche alla bellezza della città Merano, la manifestazione si fonde perfettamente con tutti quegli elementi molto vicini alla mondanità, attori e attrici compresi. Ovviamente, come tutto ciò che ha successo in Italia, e la cittadina tirolese è in Italia, il Festival attira a se anche antipatie. Le critiche  sono sempre le stesse: il senso di degustare in mezzo alla bolgia del Kurhaus, il ritorno economico per i produttori, ecc.

Per l’appassionato di vino e anche per il professionista, il senso dell’esserci e dell’imperdibile delle giornate meranesi, non va ricercato necessariamente nelle sale del Kurhaus, ma in tutti gli eventi collaterali che sono davvero tanti, spesso unici e irripetibili. Qualche esempio? Le degustazioni guidate all’Hotel Therme; quest’anno ben 18, con la possibilità di assaggiare un Alto Adige Terlano Sauvignon 1961 della Cantina di Terlano, oppure un Bricco dell’Uccellone Giacomo Bologna “Braida” del 1985 oppure il Muscat Kokour Desert Surozh Massandra Winery del 1973 e tanto altro ancora. Dell’edizione 24 rimarranno indimenticabili anche CultOenologist e la degustazione al buio delle Donne del vino del Trentino Alto Adige. Il format Cult 2015, dopo il successo dello scorso anno, che ripercorreva la storia del vino italiano attraverso 41 produttori, era dedicato a 10 tra i migliori enologi italiani: Franco Bernabei, Maurizio Castelli, Giuseppe Caviola, Stefano Chioccioli, Roberto Cipresso, Riccardo Cotarella, Luca D’Attoma, Carlo Ferrini, Salvo Foti, Luigi Moio e alle 10 etichette in grado di rappresentare al meglio la loro concezione di vino. Una figura, quella dell’enologo, fino a qualche anno fa star indiscussa del panorama enologico nazionale e internazionale, voluta da tutti, sulla bocca di tutti, poi, come spesso accade nell’Italia modaiola, sminuita e bistrattata tanto da essere considerata come la responsabile dell’appiattimento del livello qualitativo dei vini. Occasione unica quindi quella fornita da CultOenologist per smontare una volta per tutte l’equazione stessa mano stesso vino a qualunque latitudine. Anzi spesso a sorprendere sono i vini che non ti aspetteresti mai proprio perché più lontani dall’idea che hai di quell’enologo, come ad esempio il Cannonau Josto 2011 di Antichi Poederi Jerzu per Franco Bernabei, oppure la Garganega in purezza di Corte Capitelli Capitello Zero 2014 per Roberto Cipresso o il Metodo Classico Riserva 2008 di Coppo (80% Pinot Nero e 20% Chardonnay) per Riccardo Cottarella. Poi ci sono i profeti in patria come Salvo Foti che, con il Profumo di Vulcano 2012 di Federico Graziani e con il suo Vinupetra 2002, ci restituiscono tutta la magia dell’Etna e dei suoi vitigni simbolo Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Un discorso a parte merita Luigi Moio con una trilogia di bianchi di valore assoluto: Pietraicatenata Fiano del Cilento 2013, Fiorduva Furore Bianco 2013 di Marisa Cuomo e Exulet Fiano di Avellino 2013 di Quintodecimo, vini unici.

Le Donne del Vino del Trentino Alto Adige

Il secondo evento, ancora una volta, degno di questo nome è stato organizzato dalle Donne del vino del Trentino Alto Adige nel Castello Principesco di Merano. Una degustazione al buio condotta da Aurora Endrici. Si badi bene, non degustazione alla cieca, ma proprio bendati, per riscoprire l’emozionalità pura del vino, senza farsi condizionare dalla cantina, dalla tipologia, ecc. L’obiettivo era sintonizzarsi senza sovrastrutture con il liquido odoroso come direbbe Sandro Sangiorgi. A margine dei 16 assaggi, due considerazioni: la prima, che il Trento Doc merita molto di più di quello che ha sin ora raccolto, perché resta la zona più vocata per il Metodo Classico in italia; la seconda, che il Trentino Alto Adige ha raggiunto livelli di eccellenza straordinari e per questo motivo è d’obbligo citare tutti i vini e le produttrici: Clementina Balter (Az. Agricola Balter) – Balter Riserva 2010; Chiara Simoni (Cantine Monfort) – Monfort Rosè Brut s.a.; Lucia Letrari (Letrari) – Brut Riserva 2009; Camilla Lunelli (Ferrari) – Riserva Lunelli 2006; Roberta Stelzer (Az. Agr. Bio Maso Martis) – Madame Martis Brut Riserva 2005; Maddalena Nardin (Villa Corniole) – Petramontis 2014; Bruna Montresor (Maso Wallenburg) – Maria Adelaide 2014; Francesca Moser (Az. Agr. Francesco Moser) – Moscato Giallo 2014; Elena Walch (Elena Walch) – Beyond the Clouds 2013; Nathalie Schweitzer (Weingut Schweitzer) – Tschaupp 2012; Valentina Togn (Maso Poli) – Pinot Nero 2012; Silvia Tadiello (Az. Agr. Lasterosse) – Groppello di Revò 2012; Elisabetta Donati (Az. Agr. Marco Donati) – Sangue di Drago 2013; Christine Endrici (Endrizzi) – Gran Masetto 2011; Romina Togn (Gaierhof) – Giallo Gaierhof 2014; Judith Oberhuber (Tenuta Hans Rottensteiner) – Cresta 2013.

La prossima edizione sarà quella del venticinquennale, grandi sorprese ci attendono, il Merano Wine Festival è vivo, viva il Merano Wine Festival.

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