Di Irene Graziotto

Chianti Classico
Denominazione a dir poco vivace che dimostra uno sviluppo tentacolare talvolta poco organico. Se da un lato avanza la proposta di zonazione di cui la denominazione non potrà che beneficiare, dall’altro la Gran Selezione continua a dividere. I campioni sono certamente ottimi e in costante crescita di anno in anno ma talvolta risultano privi di aggancio col territorio, fatti per il mercato estero, americano nello specifico. L’effetto complessivo che si percepisce è quello di un minore interesse per la Riserva, interesse attratto per l’appunto dalla Gran Selezione. Il “declassamento” della Riserva è però effetto che va arginato e forse la soluzione sarebbe quella di rendere la Gran Selezione una denominazione da Sangiovese in purezza, diversificando così il mercato di destinazione. Ecco qui alcune delle Gran Riserve che più mi sono piaciute: Vigna Bastignano 2014 e La Fornace 2014 entrambe di Villa Calcinaia, Bibbiano Vigna del Capannino 2013, Vigna Elisa 2013 della Famiglia Nunzi Conti, La Prima 2013 di Castello Vicchiomaggio, Stielle di Rocca di Castagnoli, Cellole 2013 di San Fabiano Calcinaia, Tenuta Cappellina 2013, Tenuta di Lilliano 2013, Millennio 2010 del Castello di Cacchiano, Montemaggio 2010 di Fattoria di Montemaggio.
Chianti Classico 2015: Aria Casa al Vino bio, Castagnoli, Castellare di Castellina, Casuccio Tarletti bio, Colle Bereto, Nunzi Conti, San Giusto a Rentennato, Montesecondo, Sicelle di Pasolini dall’Onda, Chielle di Podere l’Aja bio, Poggiopiano.
Chianti Classico Riserva 2013: Colle Bereto, Poggio Torselli
Chianti Classico Riserva 2014: Terrazze di Castagnoli (riprova che anche nella 2014 si possono fare interpretazioni profumate e lineari).

Vernaccia di San Gimignano
Questa piccola e graziosa cittadina si è rimboccata le maniche e dal prossimo anno avvierà un progetto multimediale per veicolare l’enoturismo, dove interagiranno museo e degustazioni nelle aziende. Il legame fra cittadina e territorio è per l’appunto al centro del recente volume Vernaccia di San Gimignano. Vino, Territorio, Memoria a cura di Armando Castagno, che si sofferma sul bagaglio culturale ma delinea anche il profilo di 28 unità territoriali omogenee a livello paesaggistico e geologico che permettono di meglio inquadrare la denominazione nell’ottica non tanto di una vera e propria zonazione ma di uno strumento di orientamento. La degustazione di mercoledì, guidata dalla Master of Wine Rosemary George, ha permesso di confrontare la Vernaccia di San Gimignano con La Clape e il vitigno Bourboulenc. Due i punti principali di contatto fra le due denominazioni: il non essere vitigni aromatici e la propensione al’invecchiamento. Che si dimostrano, anche nella degustazione della nuova annata, le strade da seguire per la valorizzazione della Vernaccia visto anche il bel nerbo minerale. L’aggiunta di Sauvignon e Chardonnay invece che rafforzare l’appeal di certi campioni sembra invece indebolirli quando l’aggiunta si aggira sul 10% e diviene quindi incisiva. Peccato, perché la stoffa per esprimersi, anche sul lungo tempo, la Vernaccia l’ha tutta come emerso dall’assaggio della Riserva Vigna ai Sassi 2010 di Tenuta Le Calcinaie (Chardonnay 5%) oppure l’Hydra 2009 de Il Palagione.
Nobile di Montepulciano
Anche qui siamo di fronte ad una denominazione che sta lavorando molto anche a livello di autoconsapevolezza. La nuova enoteca in Fortezza permette di valorizzare finalmente questa struttura architettonica di valore, da sempre simbolo del Nobile – speriamo gli orari di apertura siano idonei al flusso turistico. A questo si aggiunge il progetto sulla sostenibilità, che negli ultimi dieci anni ha portato ad un investimento di otto milioni di euro da parte delle aziende. L’annata 2014 mostra invece qualche dubbio: sicuramente non è un’annata facile e, in questo caso più che in altri, assaggiare campioni di botte che non sono ancora pronti non aiuta. L’impressione generale è quella di un legno usato in maniera soverchiante e in vini dal profilo un po’ troppo scontroso. Mi riservo di riassaggiarli a Vinitaly quando qualche mese di bottiglia li avrà resi più mansueti. La qualità sul lungo termine infatti non manca: lo provano vini come il Nocio 2011 di Boscarelli, ma anche il Carpineto 2009 Poggio Sant’Enrico, oltre ai campioni assaggiati nella verticale guidata da Gianni Fabrizio che si è spinta indietro sino al 1967. Fra gli approfondimenti quello alla cantina Il Molinaccio ha mostrato la stoffa che questa denominazione ha e che non deve dimenticare. Dieci mila bottiglie (è vero, sono poche) 3 ettari e mezzo, 3 diverse selezioni in vendemmia che si esprimono nel bellissimo Spinosa 2012: naso esuberante di frutta, con qualche richiamo ai toni maturi e zuccherini, bocca intensa, elegante, tannino che incede sicuro, mai banale e in grado invece di stupire tutti e sei i convenuti, inclusa una Master of Wine.
Brunello
Ammetto di non essere riuscita ad assaggiare molto: non avendo ricevuto il pass per venerdì mi sono dovuta accontentare della mattinata di sabato. Col poco tempo a disposizione ho preferito all’assaggio seriale (che mi avrebbe costretto ad una corsa contro il tempo, peraltro poco realistica) il confronto col produttore: quei 10-15 minuti di chiacchierata che si rivelano una chiosa sempre fondamentale per capire la logica delle bottiglie e del territorio e che ho sempre apprezzato durante le cene delle Anteprime, come ad esempio quella della Vernaccia che quest’anno ha saggiamente fissato i posti: così che allo stesso tavolo ci si trovava sì col collega ma si aveva anche l’occasione di avere il produttore e il suo bagaglio di storia che veniva a poco a poco dispiegato. Un valore aggiunto non da poco. Tornando ai produttori e all’annata, la 2012 darà grandi soddisfazioni, soprattutto sulla lunghezza: annata a 5 stelle, frutta rossa bagnata di rugiada (manca qui l’entrata in pompa magna che aveva caratterizzato il 2010 e che rende appunto la 2012 dotata di un’eleganza più fine, un 2010 Versace versus un 2012 Chanel), bocca polposa, tannini ben torniti anche se certamente giovani, balsamicità di chiusura.
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