Verrebbe da pensare che in una zona vinicola celebre come la Valpolicella, della quale, da Hemingway in poi, si è scritto e raccontato in lungo e in largo, non vi sia quasi più niente da scoprire. Eppure, basterebbe ricordarsi dell’infinitezza del vino per capire in quale tranello è facile cadere quando si approccia a questo mondo con presunzione. Accade così, incontrando i Farina, Elena e Claudio, proprietari dell’omonima azienda di Pedemonte, di ritornare alla logica e scoprire l’inaspettato proprio nel cuore della Valpolicella Classica. I Farina, per loro scelta, sono battitori liberi, infatti, pur aderendo al Consorzio Valpolicella non ne partecipano alle attività, e non sono associati a Le Famiglie Storiche a cui apparterrebbero di diritto.

Coraggiosi, perché l’indipendenza, senza la consapevolezza della propria forza, rischia di relegarti ai confini del regno, con annessi problemi di visibilità. Pare di capire che tutto ciò non sia un particolare problema per i Farina, gente svizzera, che quando ha deciso di dedicarsi al vino lo ha fatto con anima e corpo e senza filtri. A questo punto del racconto è doveroso fare una chiosa: è vero che l’azienda ha una storia centenaria, ma è anche vero che Elena e Claudio avevano scelto di intraprendere altre strade professionali, una sorta di percorso a ritroso di quanto sovente accade nel mondo del vino, dove l’imprenditore di successo, ad un certo punto della sua vita, decide di investire dei denari in vigna.

La necessità di dare un futuro alla cantina però ha fatto sì che i Farina si arrendessero all’ineluttabilità del richiamo alle origini e rientrassero in azienda. La strada più comoda da seguire, visto che ti trovi in un’areale dove un ettaro può arrivare a costare anche 600.000 euro, poteva voler dire accontentarsi, fare un vino buono certo, magari chiamando un enologo di grido, ma senza particolari patemi d’animo. Elena e Claudio, stabiliscono invece che il loro ingresso nel mondo del vino debba avvenire secondo regole di lavoro e di vita precise: trasparenza nelle relazioni con i conferitori, ricerca continua e infine sostenibilità (quella vera) in vigna e cantina.

Per quanti riguarda la provenienza delle uve, 10 ettari sono di proprietà, mentre 55 ettari arrivano da conferitori con i quali vi è un rapporto di collaborazione di lunga data. Non solo, attraverso il progetto “Farina Transparency”, attivo dal 2018, è possibile reperire sul sito aziendale, in una sorta di radiografia accurata, informazioni in merito ai nomi dei vignaioli conferitori, foto dell’azienda, storia del titolare e della sua famiglia, descrizione dei vigneti, ovvero zona, superficie, altitudine, sistema di allevamento, vitigni, esposizione, suolo, il tutto corredato da foto e video, cosa rara in fatto di trasparenza, ne converrete.

La sostenibilità, si sa, è ormai una sorta di mantra che ogni cantina ama recitare, ovviamente per evitare che tutto crolli come un castello di carta è necessario verificare sul campo qual è il reale impatto sull’ambiente. In tutta la filiera Farina si attivano comportamenti virtuosi per creare un ecosistema-vigneto il più possibile vario ed equilibrato. Non viene praticato il diserbo chimico in nessuno dei vigneti, sia di proprietà sia in quelli lavorati dai vignaioli-conferitori; si attua la “confusione sessuale” in tutte le vigne, per limitare l’uso di pesticidi; viene utilizzato il sistema di potatura “Simonit & Sirch” per limitare le rese e prolungare la produttività e la salute delle viti; viene seguita una filosofia di coltivazione di “viticoltura intelligente”, che si traduce in interventi minimi e che limitano l’accumulo di metalli pesanti nel suolo.

Altrettanto importanti sono le decisioni che hanno riguardato l’ammodernamento delle tecnologie di produzione in cantina, concentrando specifici investimenti in tecnologia sostenibile. In particolare: l’eliminazione dell’impiego di detergenti chimici grazie all’installazione di un sistema innovativo di tubazioni che garantisce l’apporto di acqua calda e vapore per l’igienizzazione di tutte le attrezzature di cantina, con il conseguente notevole risparmio di metri cubi d’acqua utilizzata; l’installazione di un pannello elettronico che consente il monitoraggio dei consumi energetici dell’impianto di refrigerazione di tutta l’azienda; l’installazione di pannelli fotovoltaici che coprono l’80% dei consumi sostenuti durante le fasi di imbottigliamento; l’appassimento delle uve privilegia la ventilazione naturale proveniente dalla vallata di Negrar.

I fruttai sono dotati di un sistema automatizzato di climatizzazione in grado di tenere sotto controllo temperatura e umidità interna ed esterna, limitando al minimo l’uso della ventilazione assistita; l’utilizzo di un innovativo impianto in grado di togliere, sfruttando solo aria compressa, gran parte dell’ossigeno disciolto nel vino, in vista di una riduzione sempre maggiore di solforosa in fase di pre-imbottigliamento; l’utilizzo di una nuova tipologia di chiusura per quasi tutti i suoi vini, tranne l’Amarone (presto potrebbe cadere anche questo tabù), ovvero il tappo della linea Select green di Nomacorc. Si tratta di tappi 100% riciclabili e che utilizzano materiali naturali e rinnovabili, in modo da favorire l’assorbimento di CO2 presente in atmosfera e ridurre le emissioni di carbonio, infine ’uso di carta riciclata per i packaging e la riduzione del peso di alcune bottiglie da 500 a 360 grammi.

L’azienda Farina, inoltre, sta conducendo, con il prof. Maurizio Ugliano del Dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona, uno studio sulle possibili variazioni delle caratteristiche organolettiche di un vino determinate dall’affinamento in contenitori realizzati nei diversi materiali: acciaio, legno, cemento e ceramica. Facendo un giro in cantina si resta affascinanti dal cambio di ambienti e di cromatismi: dalla cantina storica con le vecchie botti di legno, passando per la barricaia, si arriva in una sorta di ambiente futuristico che ospita una grande parete tappezzata di botti bianche in ceramica della Clayver, affiancate, in una luce rarefatta, dalle botti tronco coniche in cemento grezzo “Tulipe” della Nico Velo, da girarci una scena per un prossimo episodio di Star Wars.

Dopo tutto questo panegirico qualcuno si domanderà, ma il vino, com’è il vino? Credo che qui stia la sorpresa più grande. Grazie al lavoro dell’enologo Andrea Zerman, profondo conoscitore della Valpolicella, e di tutta la dedizione di Claudio ed Elena Farina e dei loro più stretti collaboratori, in bottiglia arrivano vini centrati, che sorprendono per stile ed eleganza, in grado di dare una lettura intensa dell’espressività della Valpolicella.

La degustazione
Nodo d’Amore bianco Trevenezie IGT 2020
Da uve 55% Garganega, 30% Chardonnay, 15% Sauvignon Blanc. Affinamento 30%in barrique nuove in rovere francese e 70% in acciaio. Naso d’impatto, frutta tropicale, fiori bianchi, delicata salvia. Al palato è pieno e succoso. Si apprezzerà ancora di più e con piacevole sorpresa, dimenticandolo per qualche anno in cantina.
Valpolicella Classico Superiore DOC 2020
Da uve 45% Corvina, 20% Corvinone, 25% Rondinella, 5% Molinara, 5% Dindarella. Affinamento 100% botti di Rovere di Slavonia, successivo in bottiglia. Al naso frutti rossi maturi, croccanti e note balsamiche. Al palato entra morbido, chiude con un finale lungo e un delicato richiamo di lampone.

Valpolicella Ripasso Classico Superiore DOC Montecorna 2019
Da uve 70% Corvina, 15% Corvinone, 10% Rondinella, 5% Molinara. Affinamento 50% botti di rovere di Slavonia da 20 a 650 Hl, 50% barriques, successivo affinamento in bottiglia. Al naso subito complesso, confettura di frutti rossi, spezie, leggera tostatura. Al palato è avvolgente e ampio. Chiude in allungo con delicate note speziate.
Amarone della Valpolicella Classico DOCG 2018
Da uve 50% Corvina, 20% Corvinone, 20% Rondinella, 10% tra Molinara, Oseleta e Turchetta. Affinamento: dopo altri due travasi di pulizia, maturazione per 24 mesi, 30% in barriques, 70% in botti di rovere di Slavonia, successivo affinamento in bottiglia. Il vino della tradizione, già a partire dall’etichetta storica. Al naso ciliegia, amarene, piccoli frutti rossi sotto spirito, spezie, cioccolato. Al palato è caldo e armonico. Chiude energico e suadente con delicate note terrose.

Amarone della Valpolicella Classico DOCG Famiglia Farina 2017
Da uve 70% Corvina, 10% Corvinone, 10% Rondinella, 10% Molinara. Affinamento: dopo alcuni travasi di pulizia, maturazione per almeno 24 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 20 e 30 Hl. Successivo affinamento in bottiglia senza filtrazioni. Amarone che nasce con l’intento di rivisitare nel packaging e nello stile quello prodotto dai nonni nel 1968, anno dell’ufficiale riconoscimento della DOC. Al naso confettura di frutti rossi, sottobosco, spezie. Al palato è incisivo ed elegante, con trama tannica vellutata.
Amarone della Valpolicella Classico DOCG Montefante 2016
Da uve 45% Corvina, 30% Corvinone, 15% Rondinella, 5% Molinara, 5% Dindarella. Affinamento: 24 mesi botti di rovere di Slavonia, 24 mesi barriques, successivo affinamento in bottiglia. Dall’omino cru Montefante, un Amarone di grande nobiltà ed eleganza. Al naso confettura di frutti di bosco, spezia, cioccolato, Il sorso è avvolgente e dotato di freschezza balsamica e ampiezza.

Amarone Riserva Mezzadro Alla Fontana 2011
Da uve 70% Corvina, 20% Rondinella, 5% Molinara, 5% Croatina. Affinamento: Maturazione per almeno 24 mesi in barriques di Rovere Francese e Americano e per almeno 36 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 20 e 30 Hl. Successivo lungo affinamento in bottiglia. Ecco il capolavoro dei Farina. Il naso è di grande complessità, confettura di frutti di bosco, fumo, tostatura, spezie. Al palato è armonico ed arioso, con una tannino delicato e setoso, chiude in un allungo quasi infinito. Uno tra gli Amaroni più importanti si sempre, ne sentiremo parlare spesso.
Claudio Farina racconta in un minuto e mezzo la filosofia di Farina Wines
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