Gianni Cosetti: cuoco di Carnia, cuoco del mondo


Gianni Cosetti

Qualche anno fa, di passaggio a Tolmezzo, decido di visitare il Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani”. All’interno, tra il materiale etnografico che ricorda la vita quotidiana e le tradizioni degli abitanti della Carnia dal XIV al XIX secolo, perfettamente integrata nell’ambiente, una mostra che rende omaggio alla figura di Gianni Cosetti, Cuoco di Carnia. All’inizio non capisco bene, perché realizzare una mostra che parla di uno chef all’interno di un museo etnografico? Qualche mese più tardi, dopo aver approfondito la vita e le opere di Gianni Cosetti, capirò tutto; capirò la profonda relazione tra lo chef e la sua terra, la Carnia; capirò la grandezza dell’uomo e il suo talento e mi sentirò davvero piccolo e tristemente ignorante. Per rimediare a una così grave mancanza, imperdonabile per un appassionato di enogastronomia, resta solo l’obbligo di continuare ad approfondire la storia avvincente di quest’uomo, soprannominato “L’orso di Carnia”, per poi poterla, nel mio piccolo, divulgare affinché anche chi non la conosca possa capire l’importanza che Gianni Cosetti ha avuto ed ha nella storia della Cucina italiana.
Eppure all’inizio della sua carriera l’Orso di Carnia non pensa minimamente a lavorare dietro i fornelli, per questo c’è lo straordinario talento di mamma Gabriella; le sue grandi passioni sono i motori e la caccia. Poi però dal 1950 in poi, con l’inizio della straordinaria avventura professionale e umana della famiglia Cosetti nell’ambito della ristorazione, sarà un crescendo fatto di successi ma soprattutto di duro lavoro che culmineranno nella leggendaria gestione del ristorante “Roma”di Tolmezzo.

Gianni Cosetti con Leonardo Sciascia

Gianni Cosetti ha innovato conservando; nel senso che, recuperando la grande tradizione popolare della cucina delle massaie della Carnia, ha creato piatti che Luigi Veronelli definiva “Immensi, innarivabili, superiori”; basti pensare che a metà degli anni ‘60 decise di utilizzare in cucina i funghi del luogo che fino ad allora erano stati usati dagli abitanti delle montagne carniche solo per lubrificare le seghe. Oppure come quando iniziò a utilizzare la tavola dei fabbri per far girare la carne, “il girarrosto del fabbro” così venne chiamato da tutti, fu subito un grande successo. È però con la gestione del ristorante “Roma” di Tolmezzo che avviene la consacrazione internazionale di Gianni Cosetti; lì, vi era giunto dopo varie vicissitudini professionali, non ultima la gestione della “mensa” del Quirinale a Roma. A metà degli anni ’80 Gianni Cosetti decide che la sua ristorazione sarà fatta di piccoli numeri, pochi posti accessibili solo su prenotazione. Eliminati i menù internazionali, sarà la Carnia a farla da padrona con i piatti preparati sulla vecchia cucina a legna invece che sulle moderne cucine a gas. La sua sarà una cucina di territorio fondata esclusivamente sulle antiche ricette alle quali dà ovviamente una rilettura personale. Questa scelta renderà i menù del Roma unici nel loro genere; solo a Tolmezzo si potranno assaggiare patti così! Cosetti è l’antesignano del chilometro zero; i menù, rigorosamente stagionali, si basano su materie prime reperite nell’orto di famiglia o nei boschi della Carnia; le carni arrivano solo da allevatori locali e le erbe, che sono la base della cucina di Cosetti (ne utilizzava più di settanta tipi differenti), sono raccolte nei boschi da massaie di fiducia. Il talento di Cosetti non si limita solo alla creazione dei piatti; s’inventa menu particolarissimi (scritti a mano su cortecce, foglie, sughero) e allestisce la sala del ristorante a seconda della tipologia dell’evento in programma (un angolo di bosco creato all’interno del ristorante con stelle alpine, pungitopo, funghi porcini raccolti di fresco, o come nel 1991 quando riproduce in sala la copia fedele della malga Navarzuta con tanto di casari che preparavano burro e formaggio da dare agli ospiti strabiliati).

Gianni Cosetti era anche un esperto sommelier e un abile talent scout, amava scoprire vignaioli e vini. Nel 1991, a consacrare una carriera straordinaria, arriva la Stella Michelin. Lo cercano tutti!  Scrive di lui il New York Times, lo celebrano i più grandi chef francesi come Paul Bocuse,Roger Vergè e Alain Ducasse, il “Roma” è una leggenda. Il fato però non è benevolo con Gianni Cosetti e nel giro di qualche anno, proprio all’apice del grande successo, si porta via tutti gli affetti più cari: il padre, la moglie e l’amata sorella Liliana, preziosissimo braccio destro. Anche le condizioni di salute del Maestro si aggravano. Nonostante ciò va avanti fino alla fine degli anni 90 anche quando il “Roma” chiude i battenti per essere ristrutturato. Gianni Cosetti continua a lavorare prestando la sua arte nelle cucine di altri colleghi. Il 20 febbraio 2001, vinto dalla malattia, si spegne all’ospedale di Tolmezzo.

La figura di Gianni Cosetti attraverso alcune testimonianze:
“Piccolo, asciutto quasi defilato dal volto di un duro scozzese, avaro di parole e di gesti, timido e scontroso nel contatto umano, sembra quasi scavato dall’accetta di un tronco di abete. A chi lo avvicini non da sicuramente la sensazione di possedere la delicatezza d’animo e la squisita sensibilità che sa trasmettere la sua cucina. Un biat ors dicono di lui, un “orso buono” che comunque si incattivisce con lo scatto di una vipera quando debba combattere, e lo fa spesso, balordaggini, invenzioni e falsità fra i fornelli”
(Isi Benini – 1987)

“Cosetti è il cuoco più moderno che l’Italia abbia mai avuto, perché ha intuito primo fra tutti il valore assoluto delle sue erbe, dei suoi funghi, dei prodotti delle sue malghe, ha capito e ha cercato di spiegare con il  linguaggio poetico dei suoi piatti che il futuro è nel ritorno alla vita contadina, cogliendo in quel mondo, non gli aspetti della povertà e della miseria, ma quelli che possono aiutare a riscoprire una migliore qualità della vita”
(Luigi Veronelli – 2001)

“Per 25 anni è stato il cuoco del Premio (Risit d’àur – la barbatella d’oro) ma io lo consideravo prima di tutto un grandissimo amico. Lo conobbi tantissimi anni fa, quando andavamo a mangiare nel ristorante dei suoi in Val pesarina. Ma per me è diventato un mito quando ho iniziato ad interessarmi di arte culinari: era il depositario della cucina friulana. Ricordo ancora quando nel 2000 ha cucinato per i membri della giuria del Premio e per due ore, seduto fra me ed Ermanno Olmi, ha raccontato la storia della polenta, della farina e degli gnocchi: Olmi ne è rimasto incantato, tanto da proporre di premiarlo una seconda volta”
(Gianola Nonino)

«Gianni Cosetti, il mio amato e mai abbastanza rimpianto Cuocosauro, molti l’hanno raccontato come un orso. Ruvido era, come molti carnici. Ma quando parlava di certi argomenti (sua madre, le sue bambine, la Carnia in generale, un vino buono) gli occhi gli si riempivano di una luce tenera che gli orsi non hanno.Cuocosauro è un termine che ho usato quando Gianni era vivo, e non era scelto a caso. Volevo emergesse la profondità delle sue radici, della sua passione, quel suo venire da lontano e battersi coerentemente contro le mode gastronomiche (che sono anche culturali, teniamolo a mente), e prendere le distanze a parole e nei fatti, dai fuochi e cuochi fatui. Oggi, che Gianni non c’è più, quasi mi vergogno di quel Cuocosauro. Perché è riduttivo, perché non illustra a sufficienza la sua grandezza.La sua grandezza (umile, fiera, schiva, ostinata) la si misura guardando la direzione imboccata dalla grande cucina (che può essere nata povera). Oggi si parla di filiera, di mappatura, di trasparenza del percorso produttore-consumatore e quasi sempre è il cuoco a garantire in prima persona la qualità del cibo, è lui a individuare non solo le materie prime ma anche a rinsaldare il legame con i produttori, allevatori, cercatori”.
(Gianni Mura – 2009)

P.S.: Era da alcuni mesi che avevo in mente di scrivere un articolo su Gianni Cosetti, poi per un motivo e per un’altro ho sempre rimandato. Un paio di settimane fa mi deciso e comincio a raccogliere il materiale. Nel frattempo su Facebook entro in contatto con la Chef Carmen Florit. Come di solito accade in questi casi, ci si scambia qualche messaggio in chat e visto che aveva fatto un master di tre anni con Gualtiero Marchesi, mi complimento. Carmen mi risponde che è fiera di aver fatto quel master ma che il suo vero maestro è stato Gianni Cosetti, con lui ha lavorato per 25 anni. Brividi a pelle, comincio a pensare che il caso non esista. Ecco la sua testimonianza:
“Le mie due righe su Gianni, ci vorrebbe un’altro libro, per me è stato un fratello maggiore,un padre che ti accompagna per mano in un percorso piacevole e fantastico. Noi carnici siamo chiusi ,schivi ma quando apriamo il nostro cuore ,diamo anima e corpo per quello che svolgiamo. Ogni gesto nella mia preparazione quotidiana delle pietanze è rivolto a Gianni Coseti ,preciso e pignolo amante delle antiche ricette ,delle erbe di montagna,dei funghi e di tantissime cose che ahimè vengono dimenticate .Gianni sapeva riscoprire e dare valore alle ricette piu’ semplici, alle mille fragranze, agli ingredienti più umili. La mia cucina è questa, fatta rigorosamente a mano come un tempo,dalle paste tirate ancora con il vecchio matterello, fatte con stampo di erbe, con ripieni speciali,dove chi è un vero intenditore riesce a capire il valore della cucina di alto livello . I miei dolci fatti con farine differenziate e macinate a mano e tantissime altre cose. Grazie Gianni il tuo ricordo vive nella mia passione che considero arte tramandata da un grande come te.
(Carmen Florit – 2011)

Dedica
Fontana di aga dal me paìs.
A no è aga pì fres-cia che tal me paìs.
Fontana di rustic amòur.

Dedica
Fontana d’acqua del mio paese. Non c’è acqua più fresca
che nel mio paese.
Fontana di rustico amore.
(Pier Paolo Pasolini)

Per chi vuole approfondire la conoscenza di Gianni Cosetti è indispensabile leggere il libro di Annalisa Bonfiglioli “Il mondo di Gianni Cosetti Cuoco di Carnia”. Potete richiederlo alla Comunità Montana della Carnia, via Carnia Libera 1944, n. 29 – www.comunitamontanacarnia.it/

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