D’in su la vetta della torre antica: “La Scolca”


Luisa, Giorgio, Chiara Soldati

Esistono in Italia delle cantine  che per storia, fascino, carisma dei loro proprietari e qualità dei vini prodotti (nel caso specifico metodo classico), possono guardare a testa alta le più blasonate maison di champagne; naturalmente a patto che non si facciano paragoni inappropriati, lo champagne resta champagne punto e basta. Paradossale? No, se parliamo de La Scolca. La famiglia Soldati ha saputo, con intelligenza e lungimiranza, trovare una via indipendente e personale alle bollicine, spumantizzando  l’autoctono Cortese, con risultati davvero importanti.
La Scolca ha più di novant’anni (novantadue per la precisione); fu Giovambattista Parodi, bisnonno dell’attuale proprietario Giorgio Soldati, ad acquistare la tenuta nel 1919. Il nome dell’appezzamento derivava dall’antico e profetico toponimo Sfurca (Guardare Lontano); qui, in una zona strategica di grande passaggio, era situata una postazione militare di vedetta che ha lasciato traccia nella torre che attualmente sovrasta la proprietà. Nel 1919 il terreno era in parte coperto da boschi, in parte coltivato a grano; fu il figlio del Parodi, Alfredo a impiantare i primi vigneti di Cortese da cui ricavava un vino per le sole necessità familiari; ma il primo a rendersi conto delle enormi potenzialità enologiche di quell’area fu Vittorio Soldati, genero di Alfredo e cugino dello scrittore Mario.

La storia del Cortese a Gavi, inizia verso la fine del 1800 per merito del marchese Cambiaso che per primo impiantò i vigneti di Cortese nella sua tenuta; lo scopo era farne un vino di prestigio da offrire agli ospiti; di lì a poco molti lo seguirono e i vigneti di Cortese cominciarono a moltiplicarsi in tutto il territorio di Gavi; in breve tempo si passo dal consumo personale alla vendita; ma quel vino aveva un limite, anche se corposo, a causa delle scarse conoscenze enologiche del tempo, si ossidava facilmente, quindi alla lunga poco remunerativo. Fu per questo motivo che non appena Cinzano e la Martini & Rossi s’iniziarono a interessare al Cortese, per farne le basi dei loro spumanti, i produttori vendettero subito il loro vino, così almeno ì guadagni erano certi. Il destino del Cortese di Gavi era destinato all’oblio, ma fu la famiglia Soldati dopo la fine della seconda guerra mondiale a salvarlo grazie alla creazione di un vino bianco moderno, profumato e beverino, per il Cortese fu la salvezza e per il  Gavi fu l’inizio del prestigio internazionale di cui oggi gode.

Il Millesimato D’Antan
Il Vino è lavoro, lo spumante è passione diceva Mario Soldati, illustre parente di Giorgio Soldati che assieme alla figlia Chiara e alla moglie Luisa conduce La Scolca. Già, la passione; fare un vino spumante negli anni ’70 deve essere stata un’impresa ardua, se poi pensiamo che l’idea era di spumantizzare un vitigno autoctono, il Cortese, l’impresa assume toni epici.
A Giorgio Soldati l’idea di fare uno spumante metodo classico da uve Cortese in purezza, era venuta assaggiando dei vini di vecchie annate che sfatavano il luogo comune che il Gavi fosse un vino da bere esclusivamente giovane; con l’invecchiamento le sue caratteristiche giovanili di spigolosità e ruvidezza si trasformavano in armonicità, rotondità ed eleganza. Fu proprio Mario Soldati nel 1972 ad assaggiare, in occasione di una sua inaspettata visita alla tenuta, alcuni campioni di vino che poi sarebbero diventati la “Liquer d’èxpedition” dello spumante dei Soldati. La prima annata fu messa in commercio nel 1977, quando ancora si poteva usare la menzione “metodo champenois”. Questo fa di Giorgio Soldati un pioniere della spumantistica italiana se consideriamo che la Franciacorta era di la da venire e nel trentino l’unica realtà di rilievo erano le cantine Ferrari.
Nasce così l’idea de La Scolca brut millesimato d’Antan e della Riserva Gavi dei Gavi d’Antan fermo, entrambi prodotti da uve Cortese in purezza utilizzando metodi di lavorazione artigianali che elogiano la lentezza; infatti, l’invecchiamento è di almeno 10 anni a contatto con i propri lieviti.

I Vini degustati

Gavi dei Gavi d’Antan 2000
Ottenuto con una selezione di uve Cortese di Gavi in purezza solo in grandi annate. In parte macerato sulle bucce, l’affinamento può durare fino a 10 anni unicamente in vasche d’acciaio e sui lieviti autoctoni di prima fermentazione “Sur Lie” sino all’imbottigliamento. Imbottigliato per decantazione e senza filtrazione. Da qualche annata, la famiglia Soldati ha scelto la strada del vino da tavola abbandonando la DOCG Gavi.
Per una volta tanto si può usare serenamente il termine mineralità; un naso intenso di agrumi con una freschezza e una sapidità uniche. Proverbiali eleganza e armonia per uno dei più grandi vini bianchi italiani.

Riserva D’Antan brut 1999
Metodo classico da uve Cortese in purezza matura sui propri lievi almeno 10 anni.
Un vino spumante con uno stile davvero unico, capace di ammaliare, sedurre, che va per la sua strada senza imitare nessuno; di grande eleganza e soprattutto capace di sfidare il tempo. Immenso.

Riserva D’Antan Rosè brut 1999
Metodo classico da uve Cortese per il 95% e il rimanente 5% di Pinot Nero, matura sui propri lievi almeno 10 anni.
Ramato, al naso è complesso: carne, melograno, ribes, rosa. Di grande struttura e persistenza. Un vino fatto per l’amore.

Dirò subito che mi considero anch’io, del vino, un amatore inesperto. È vero, i “viaggi d’assaggio”, che racconto nelle pagine seguenti, mi hanno istruito un pochino: ma il loro risultato più apprezzabile è stato di misurare, dopo anni di esperienze enologiche, quanto sia vasta ancora la mia ignoranza, e l’arte del vino quanto difficile.
Per esempio. Uno degli errori più gravi e più comuni in cui oggi incorrono molti consumatori di vino è di credere che un certo vino, riconoscibile al nome e all’etichetta, debba essere sempre uguale a se stesso, e sempre buono se una volta è stato trovato buono: di chiedere, dunque, al commerciante un vino che risponda a requisiti di “continuità”. L’errore deriva senza dubbio da un inconscio adeguarsi alla produzione industriale di tanti altri beni di consumo.
(Mario Soldati, dall’introduzione di “Vino al Vino” 1975)

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