Teranum e i vini rossi del Carso: anteprima della vendemmia 2011


Non so se esiste un vitigno che si possa definire più autoctono di altri; però una cosa è certa, nel Terrano la bora la senti tutta, è in quell’acidità micidiale che è tipica del vitigno carsolino.  Se il Terrano (Teran), con il suo carattere così deciso e per nulla facile, abbisogna di un (necessario) periodo di affinamento, cosa può rivelare una degustazione dove il vino nel bicchiere ha solo qualche mese? Che cosa possiamo aspettarci da un vino che al momento è solo un’idea di vino? Una scommessa quella proposta dal Consorzio per la tutela dei Vini DOC Carso e da Aurora Endrici il 19 dicembre 2011 presso l’antico caffè Tommaseo a Trieste; una scommessa sicuramente vinta. Infatti, degustare il Terrano della recente vendemmia 2011, è servito per capire una volta di più le potenzialità di questo straordinario vitigno, simbolo autentico della viticoltura del Carso italiano e sloveno.

Storia del Terrano

L’origine della coltivazione del Terrano, risale a duemila anni fa. Dagli scritti dell’antico storico Plinio si evince che il vino carsico era fortemente apprezzato non solo dai romani ma anche dagli antichi greci che lo conoscevano con il nome di “vino pretoriano” dell’Alto Adriatico. Giulia, moglie dell’imperatore Augusto, raggiunse a suo dire una veneranda età proprio grazie alla frequente assunzione del vino Pucino (antico nome del Terrano), prodotto sui coli rocciosi non lontani dalle risorgive del fiume Timavo, quindi sull’altopiano carsico. In epoca medioevale questo vino era considerato ottimo nell’intera Europa centrale, soprattutto presso le popolazioni germaniche. Nella sua guida del ducato di Carniola, lo storico sloveno Valvasor fa menzione dei vini rossi del Carso, citando il Terrano, il Marzemino e altri. Fino a un centinaio d’anni fa era la varietà di vino più estesa in Istria e Slovenia. Oggi il Terrano è particolarmente diffuso in tutta la parte del Carso italiano (in modo particolare nel comune di Doberdò in provincia di Gorizia, Prepotto, Sgonico in provincia di Trieste) Duttogliano e Goriansko nel Carso sloveno.

I Terrano in degustazione

Kante Terrano 2011: Edi fu trai primi, nel corso degli anni ’80, a imbottigliare il Terrano, che fino ad allora veniva venduto sfuso. Il 2011, pur già bevibile presenta un’ acidità sbilanciata, la struttura c’è tutta ed ha una bella morbidezza.

Zidarich Terrano 2011: Benjamin, mentre parla del suo vino, ci tiene ad esaltare particolarmente l’annata che definisce grandissima. Il suo Terrano (4000 bottiglie all’anno in tutta) ha una bella struttura e profumi netti, chissà che grande cosa sarà tra qualche anno.

Lupinc Terrano 2011: Terzo produttore di Prepotto (dopo Kante e Zidarich) e terza interpretazione del Terrano. Rispetto ai precedenti il colore è molto più concentrato, molto intensi i profumi di frutta rossa.

Milič Terrano 2011: Milič famoso per l’agriturismo di Sgonico (tappa obbligata per conoscere la cucina carsolina), presenta un Terrano che è già pronto; temo che per questo motivo sarà difficile che possa crescere in futuro; naturalmente sarò felice di ricredermi.

Skerli Terrano 2011: Materia ricca, bel naso, grandi potenzialità, bel corpo; Matej, vista la qualità della materia prima farà di questo Terrano una riserva.

Grgic Refosco 2011: Variazioni sul tema. Dopo il quinto Terrano arriva il Refosco 2011 di Igor Grgic; bella morbidezza, bella la nota di frutti rossi, sicuramente più armonico rispetto ai vini bevuti in precedenza, ma ovviamente parliamo di un vitigno con l’acidità meno importante.

Stoka Teran 2011: un vino bello rotondo, questo è anche il primo Terrano della batteria che non fa botte; ma soprattutto si sente la differenza tra il Terrano del Carso sloveno e di quello italiano.

Vrabec Teran 2011:  a detta di tutti questo vino ricorda il Terrano di una volta, quello che si vendeva sfuso. Il naso è molto interessante e il vino è nervoso; sicuramente è il meno pronto fra tutti quelli assaggiati e quindi sarà interessante riscoprirlo tra qualche anno.

Le Osmizze

Non si può parlare di Terrano se non si parla anche di Osmizza.Il carso triestino è un mondo tutto da gustare e da scoprire seguendo le indicazioni delle frasche, mazzi verdi di erbe spontanee che vengono posti in posizione strategica, vicino alle “Osmizze” per segnalarne la presenza. Un mondo fatto di delizie alimentari molto agreste e genuino, dove si possono gustare oltre al  Terrano e alla Vitovska (l’altro grande autoctono) anche gli altri sapori della gastronomia carsica: pancette, salami, prosciutti, ossocollo, porcina con il kren e formaggi (tabor soprattutto). L’Osmizza prende il nome da osem, “otto” in sloveno, e nasce dalle consuetudini di vendere, tradizionalmente per otto giorni ai tempi dell’Austria Ungeria, i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento. Oggi le Osmizze aprono per periodi più lunghi. Sono tante , sparse per tutta la provincia triestina, aperte soprattutto nel periodo autunnale e primaverile. Ogni Osmizza offre prodotti diversi: l’ospite si accomoda sule panche, all’aperto o in cantina, davanti a tavole in legno grezzo e gusta le delizie della casa.

Il Terrano va assaggiato con il cuore, non con la mente: un sorso di questo vino traduce la sua freschezza acida e il suo carattere indomito in suggestioni di mare e bora, ti abbraccia con il sapore minerale della terra, evoca i volti della gente carsolina, dai tratti talora rudi ma sempre sorridenti. Il Terrano è un vino pieno di energia, che parla a chi ha voglia di vivere.

(Aurora Endrici, Matej Skerli)

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