
Dopo un’interessante, anche se non esaustiva, degustazione di Trentodoc tenutasi a Palazzo Roccabruna nel settembre scorso; dopo il corroborante dibattito svoltosi on line, a seguito del giudizio (decisamente tranchant) apparso sulla guida Slow Wine 2014, che liquidava in una riga lo stato dell’arte della spumantistica trentina giudicandola non particolarmente in forma; finalmente, il 22 e 23 novembre, con l’apertura di “Trentodoc Bollicine sulla Città”, è arrivata la tanto attesa possibilità di effettuare la prova del nove o cercare, se preferite, la quadratura del cerchio. Trentasette cantine, 91 vini in degustazione di cui 12 dosaggio zero, 19 sans année, 16 rosè e 44 tra millesimati e riserve. Ho degustato, rigorosamente alla cieca, un buon numero di campioni spaziando tra tutte le tipologie, che poi ho ritrovato, per i dovuti confronti, anche a bottiglie scoperte, naturalmente assieme a nuovi assaggi. Considerazioni? Il livello generale è davvero importante; certo i margini di crescita possono essere ancora ampi, ma il Trentodoc, soprattutto per quanto riguarda il dosaggio zero, millesimati e riserve, si conferma come una delle zone di riferimento per la tipologia. In taluni casi, riserve di pregio, al netto di sciocchi e inutili confronti con lo champagne, possono rivaleggiare con i più grandi metodo classico del mondo! Fin qui la cronaca ma “Bollicine sulla città” è stato anche altro.

Ad esempio “Giovani in fermento”, produttori trentini di seconda e terza generazione pieni d’idee che lavorano instancabilmente per far conoscere le eccellenze enogastronomiche del loro territorio, anche in contesti informali e non istituzionali. Vedere questi ragazzi così affiatati e coinvolti nel progetto mi ha fatto ripensare a quanto detto da Davide Scabin in una recente intervista. Lo chef piemontese esprimeva concetti che possono tranquillamente essere applicati anche al mondo del vino. Dice Scabin: “Gli Chef sono molto più uniti tra loro dei critici. Ipoteticamente, vista la nostra debolezza di squadra, per esempio tra critici e chef non esiste uno scambio sempre costruttivo…” e poi continua: “La critica deve cambiare, deve trovare una nuova ragione d’essere, una nuova spinta utile per rendere la cultura del cibo italiano un unico forte movimento”. Qui continuiamo ad avere il nostro problema di campanili, dove litighiamo tra noi per difendere singole realtà, quando è l’Italia intera che andrebbe comunicata. I critici devono essere connessi gli uni con gli altri, sono molto più connessi gli chef tra loro che i critici oggi. I critici litigano tra loro e non pensano al pubblico che ci guarda dall’estero”. Basta sostituire chef con vignaioli e cibo con vino e il gioco è fatto. Tutto questo per dire che giudizi lapidari sulle guide o le critiche prive di costrutto, fatte da esperti che hanno un peso specifico importante, magari durante degustazioni che avrebbero come unico scopo quello di far conoscere le eccellenze di un territorio a una platea qualificata di comunicatori, rischiano di cadere nella sindrome di Tafazzi, quel tale che si martellava l’inguine con una bottiglia di plastica traendone giovamento!
I Trentodoc che ho amato in questa edizione 2013:
Maso Martis Dosaggio Zero 2007 (in magnum)
Tridentium Dosaggio Zero 2008
Letrari Dosaggio Zero Riserva 2008
Balter Brut s.a.
Revì Pladino Extra Brut 2009
Riserva del fondatore Mach – Brut 2009 (anche in magnum)
Endrizzi Brut Riserva Pian Castello – Brut 2009
Letrari Riserva Quore Brut 2008
Bellaveder Riserva Brut 2008
Mathius Brut Riserva 2008 (anche in magnum)
Monfort Riserva 2008 (degustazione in anteprima, non a Palazzo Roccabruna)
Abate Nero Domini – Brut 2007
Abate Nero Riserva Couvèe dell’Abate Brut 2006
Ferrari Riserva Lunelli – Extra Brut 2005
Madame Martis RV Riserva Brut 2004
Letrari 976 Riserva del Fondatore Brut 2003
Giulio Ferrari Riserva del Fondatore Brut 2002
Altemasi Riserva Graal 2004 in magnum
Ferrari Perlè 2001 in magnum
Fonte intervista Davide Scabin:
http://www.foodconfidential.it/davide-scabin-la-critica-deve-cambiare/
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