
Niente botti di fine Vinitaly quest’anno. Nemmeno la provocazione di Oliviero Toscani: “Il vino del contadino fa schifo, per fare buone bottiglie bisogno andare contro natura”, ha avuto la consueta eco sulla stampa. I tempi stanno cambiando, il colosso Vinitaly non si fa scalfire più da nulla e vince su tutta la linea, in questo senso è illuminante l’articolo di Angelo Peretti “Fiere del vino da ripensare ma il modello è Vinitaly”. In realtà, i fuochi d’artificio, in stile Capodanno cinese, ci sono stati durante la manifestazione, grazie a tutta una serie di degustazioni che da sole valevano la partecipazione all’edizione 2019. Tra queste la verticale storica di Madame Martis. Considero Trentodoc il territorio più vocato per il metodo classico in Italia, lo penso da molti anni e dopo ripetuti assaggi ed è chiaro che in tale contesto si stagliano radiose alcune delle più importanti cantine italiane per la produzione di spumante, Maso Martis è tra queste e Madame Martis, 70% Pinot Nero, 25% Chardonnay (in barrique dalla vendemmia fino al tiraggio) e 5% di Meunier, è una bottiglia di pregio assoluto. Non c’ero nel 2008 al Merano Wine Festival per il debutto ufficiale della Madame 1999 ma c’ero due anni dopo, sempre a Merano, per la mini verticale delle annate 1999/2000/2001.

Quasi un decennio dopo riassaggio i millesimi 1999 e 2001 a Vinitaly e mi vengono i brividi perché tanta vita è passata ma la bellezza della Madame è ancora intatta; la sboccatura è ovviamente la stessa come lo era come per quel sabato 6 novembre 2010, ovvero maggio 2008 per il millesimo 1999 e giugno 2010 per il 2001, qui il tempo ha fatto un lavoro incantevole, dimostrando ancora una volta che la qualità di un grande vino è direttamente proporzionale alla sua durata negli anni, bottiglie queste della Madame che lasciano davvero stupefatti.

Oltre ai millesimi citati presenti in degustazione anche le annate 2003, 2005, 2007, attenzione però che “anche” non è una mera congiunzione, ciascuno di quei millesimi serba assaggi memorabili e poi ultima, ma non meno importante, la presentazione in anteprima dell’annata 2009, che prevedo premiatissima dalle Guide di prossima pubblicazione. Non voglio risultare troppo agiografico nei confronti di Roberta Giuriali e di suo marito Antonio Stelzer e comunque se così fosse poco me ne importa, amo questi vignaioli di razza, queste persone visionarie pronte a rischiare tutto per portare avanti la propria idea di vino, in questo caso di Metodo Classico con così lunghi tempi di affinamento sui lieviti e nel 1990 quando tutto è iniziato a Martignano non era né così semplice né così scontato. Unico cruccio il numero di bottiglie prodotte; parliamo, anzi parlavamo perché adesso sono davvero ridotte al lumicino, di 500/1000 bottiglie per le annate dalla 1999 alla 2007, consoliamoci però perché per l’annata 2009 per fortuna ce n’è qualcuna in più, 2680.
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