Mario Soldati, raccontando su Vino al Vino del suo viaggio in Alto Adige, così scrive: “Qui tutti amano il vino, si intendono di vino, parlano di vino”, era il 1970. Più di cinquant’anni dopo, questa acuta osservazione dell’ecclettico scrittore piemontese è ancora di straordinaria attualità. Quel “tutti” indicato da Soldati, in Alto Adige, ha dato origine a un sistema che ha messo insieme persone, competenze e passione, ovvero le cantine cooperative dalle quali arriva il 70% del vino prodotto in loco; situazione che non ha eguali al mondo, visto anche il livello qualitativo di assoluta eccellenza.

Sempre rimanendo nell’analisi dell’assunto soldatiano, quel “Parlare di vino”, in Alto Adige, ha significato creare una struttura per la comunicazione del territorio che è una vera e propria macchina da guerra. L’idea che sta alla base del progetto di comunicazione non è la mera vendita di un prodotto, ma un meticoloso e sincero racconto per affascinare e sedurre l’enoturista. Ne è un esempio concreto lo spot dedicato al patrimonio enologico altoatesino “WineTales”, ideato e realizzato dal Consorzio Vini Alto Adige, si è aggiudicato ben otto premi internazionali.

Patrimonio enologico che, non va dimenticato, ha vissuto un cambiamento epocale: prima quasi tutto a vocazione rossista, l’80% del vino era rosso e proveniente da un’unica varietà, la schiava, oggi invece siamo passati al 64% della produzione derivante da vitigni a bacca bianca, con la schiava che si attesta al 13% del totale.
Questo cambio di paradigma non si è limitato ad un semplice impianto di vitigni, ma ha portato quei vini bianchi sul podio dell’enologia italiana e mondiale; al punto che se fino a qualche anno fa, alla domanda quale fosse la regione italiana a maggiore vocazione bianchista, sia gli addetti ai lavori che gli appassionati avrebbero risposto il Friuli-Venezia Giulia, in particolare il Collio, oggi, alla medesima domanda tutti risponderebbero Trentino-Alto Adige.

Un boom che non accenna a fermarsi, con una produzione annua di oltre 40 milioni di bottiglie di cui il 98% Doc praticamente su un fazzoletto di terra, basti pensare che gli ettari a vigneto sono circa 5.560, caratterizzato però da un mix di fattori quali altitudine, microclimi, conformazione geologica dei terreni, capace di rendere quest’area vinicola altamente vocata per più di 20 vitigni diversi.
In questo scenario di successo travolgente e nell’ottica di tutelare un patrimonio consolidato nel tempo, ci si sta interrogando sul passaggio di testimone tra la vecchia generazione dei pionieri del vino altoatesino e la nuova generazione, affinché il ricambio generazionale avvenga senza particolari traumi e nell’ottica della continuità. Gli avvicendamenti nella vita di un’azienda, solitamente, sono visti come minaccia piuttosto che come opportunità, si teme che il coinvolgimento delle nuove generazioni andrà ad alterare l’equilibrio dell’impresa, spesso raggiunto con enormi fatiche. Vero è che In Italia, circa l’85% delle imprese sono di tipo familiare, e solo il 30% di esse sopravvive con la seconda generazione.

Ciò è dovuto in primo luogo all’assenza di adeguata pianificazione del passaggio generazionale: un processo articolato e complesso, che deve essere adeguatamente supportato. In Alto Adige, per tutta una serie di motivi che andremo a spiegare nel dettaglio più avanti, direttamente dalla “voce” dei protagonisti, il passaggio generazionale non è visto come un pericolo da temere, ma come un importante momento per il rafforzamento e il rilancio dell’azienda. Questo è in sintesi quanto emerso dal confronto tra giovani produttori, enologi e stampa di settore, durante una tre giorni di incontri, assaggi e visite alle cantine, organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige. Il dibattito ha reso chiaro come l’Alto Adige del vino stia oggi vivendo il passaggio tra vecchie e nuove generazioni, massimizzando il bagaglio di esperienze e conoscenze che la generazione precedente ha portato in eredità, ma nel contempo innovando e sperimentando soluzioni alternative per rispondere a sfide sempre diverse.

Quella che possiamo definire “la carica” delle nuove generazioni dell’Alto Adige non riguarda però solo il settore vitivinicolo, anzi. Altissima è infatti la sinergia che si sta venendo a creare tra settori diversi quali il turismo, con un’offerta ricettiva di livello sempre più alto e la gastronomia, dove stanno emergendo realtà della ristorazione condotte da giovani e talentuosi chef. Il tutto nel nome della massima qualità, elemento cardine che fa da collante tra la generazione uscente e i giovani protagonisti che stanno contribuendo in modo sempre più incisivo a dare valore a questo territorio straordinario.

La voce delle nuove generazioni
“Mio padre – racconta Ines Giovanett, classe ‘85, co-titolare insieme al fratello Ivan della cantina Castelfeder – ha vissuto un momento molto complesso per il mondo del vino, quello che ha caratterizzato gli anni ’70 con il passaggio dal concetto di “quantità” a “qualità” e tra vini rossi e vini bianchi. Io e mio fratello siamo quindi entrati in azienda in un momento sicuramente molto fortunato, quando queste transizioni si erano ormai andate definendo, e questo ci ha concesso il lusso di “sperimentare”. Quella di oggi è un epoca caratterizzata da sfide diverse da quelle dei miei genitori, prima fra tutti il tema ambientale a cui cerchiamo di dedicarci con grande concretezza, l’ammodernamento dal punto di vista manageriale e della gestione dell’azienda nei suoi vari aspetti e il tema della qualità, nell’intento di cogliere il massimo potenziale che ogni singolo terroir ci può donare avendo come obiettivo quello di muoverci sempre di più nella direzione dell’eleganza e della finezza dei nostri vini”.

“Dai produttori agli enologi, dai tecnici e alle figure manageriali – spiega Eduard Bernhart, Direttore del Consorzio – quello che accomuna la new generation del mondo del vino in Alto Adige è la grande preparazione: studi condotti spesso all’estero oltre che esperienze professionali realizzate lontano da casa, volte proprio a conoscere territori diversi ma anche culture e approcci differenti. A questo va aggiunto il grande spirito di collaborazione che culturalmente caratterizza il nostro territorio: da qui nascono scambi continui e proficui tra produttori ed enologi di realtà diverse, fattore che rappresenta senza dubbio un elemento di forza e un vero e proprio plus in Alto Adige”.

“Come Presidente del Consorzio e come Presidente di una cooperativa quale è la cantina Kurtatsch che oggi conta 190 soci – continua Andreas Kofler classe ’83 – l’elemento che ha caratterizzato la mia storia personale ma che intravedo nelle storie di molti giovani produttori dell’Alto Adige è il desiderio di essere veramente promotori di un cambiamento e di influire fattivamente nelle decisioni da prendere. Quando a soli 30 anni sono diventato Presidente di una cooperativa, la mia giovane età non è stato un pregiudizio di per sé. Volevo assumermi delle responsabilità e mi è stata data l’opportunità di farlo: ciò che contava veramente erano le mie idee, il programma che ha presentato e i risultati progressivamente raggiunti.”

“Con declinazioni seppur leggermente diverse possiamo dire che in Alto Adige stiamo lavorando nella direzione dell’eleganza e della finezza dei nostri vini – racconta Andrea Moser, enologo classe ’82 della cantina Kaltern – e per farlo stiamo lavorando su più fronti. Innanzi tutto, siamo dei forti sostenitori del concetto di zonazione: ogni vitigno deve poter crescere nella sua zona più vocata. In vigna stiamo affrontando poi il tema del cambiamento climatico attraverso una serie di attenzioni e sperimentazioni: come sistema di allevamento siamo passati dalla pergola al Guyot, poiché dà ottimi risultati sul fronte della maturazione delle uve ma anche per la sua maggior facilità di gestione. Sempre a causa del cambiamento climatico questo sistema d’allevamento va gestito in maniera diversa, soprattutto per quanto riguarda la defogliazione onde evitare la scottatura delle uve ma lo stiamo affrontando attraverso sfogliamenti volti ad eliminare solo le foglie che disturbano il grappolo; stiamo gestendo l’arrivo di nuove malattie della vite senza abusare della chimica, stiamo fronteggiando il problema delle grandinate valutando e testando soluzioni che salvaguardino il paesaggio ma anche la salute dell’uva, ci stiamo concentrando sul tema della microbiologia del terreno nell’ottica di garantire alla pianta tutti i microorganismi di cui ha bisogno. In cantina stiamo portando avanti un processo di ammodernamento tecnologico capace di valorizzare al meglio l’uva che minuziosamente viene raccolta da una manodopera attenta e specializzata. A questo va aggiunta l’alta formazione del nostro personale tecnico spesso molto giovane ma molto competente che rappresenta per noi sicuramente un importante fattore competitivo.”

“La montagna per noi è un alleata – racconta Daniel Pfitscher, 30 anni che insieme al fratello Hannes gestisce la Tenuta Pfitscher a Montagna – e qui in Alto Adige stiamo investendo molte delle nostre attenzioni sui vigneti in alta quota. Ricordiamo che nessun’area vitivinicola al mondo, tolta la Svizzera e parte del Sud America, ha la conformazione territoriale che abbiamo noi e questo elemento deve essere valorizzato sotto molti punti di vista, tra cui anche la viticultura.” Continua Simon Pliger della Tenuta Kuenhof: “in Valle Isarco gli ultimi vigneti che abbiamo piantato sono poco al di sotto degli 890 metri. Crediamo molto in questi vini di montagna nella consapevolezza che essa rappresenta un elemento identitario fondamentale del nostro territorio”.

Titoli di coda
Incontri, degustazioni, approfondimenti e chiacchiere con Andreas Kofler, Presidente Consorzio – Eduard Bernhart, Direttore Consorzio – Ines Giovanett, Castelfeder – Daniel Pfitscher, Tenuta Pfitscher – Simon Pliger, Kuenhof – Andrea Moser, enologo Cantina Kaltern- Evi Gojer, Glögglhof – Martin Ramoser, Fliederhof – Veronika Pfeifer, Pfannenstielhof – Lukas Mumelter, Griesbauerhof – Florian Ramoser, Untermoser – Josephus Mayr, Josef Mayr, Katarina Mayr, Maso Unterganzner – Hans Terzer, Jakob Gasser, Cantina Produttori San Michele Appiano – Erwin Carli, Cantina Kurtatsch- Josef Anton Brigl, Josef Brigl – Armin Gratl, Cantina Valle Isarco – Eva Kaneppele, Ritterhof – Judith Rottensteiner, Tenuta Hans Rottensteiner.
Passeggiata nei vigneti di Elena Walch con vista sul lago di Caldaro
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