
E pensare che in passato lo Schioppettino era fuorilegge! Manco si trattasse di una banale uva fragola. Fino alla metà degli anni ’70 del secolo scorso, se ti azzardavi a piantare una barbatella di Schioppettino, commettevi un reato, con conseguente distruzione immediata del vigneto. Poi, grazie anche all’interessamento della famiglia Nonino, le cose sono cambiate. Nel 1975 Giannola e Benito, alla ricerca di vinacce per le loro grappe, scoprirono che storici vitigni friulani come Ribolla, Schioppettino, Tazzelenghe e Pignolo, a causa del divieto di coltivazione, si stavano estinguendo. Ne conseguì un’intuizione geniale (che ebbe anche la paternità di Luigi Veronelli), l’istituzione del premio Risit d’Aur (barbatella d’oro) da assegnare annualmente al vignaiolo che si fosse distinto per aver posto a dimora l’impianto di uno di questi vitigni fantasma. Nella prima edizione del 1976 furono premiati Dina e Paolo Rapuzzi dell’azienda Ronchi di Cialla di Prepotto per l’impianto di Schioppettino e a seguire negli anni, sempre con la stessa motivazione, il Risit d’Aur fu assegnato nel 1979 a Maria Rieppi, nel 1981 al Comune di Prepotto, nel 1982 a Paolino Marinig. Non va dimenticato che nel 1977, Consiglio comunale di Prepotto, in un moto di orgoglio, si riunì in seduta straordinaria per deliberare la richiesta che il vitigno fosse inserito almeno nell’elenco dei vitigni autorizzati, cosa che avvenne nel 1981.

Com’era possibile quindi che lo Schioppettino, vigneto di origini quasi millenarie, conosciuto anche come “Ribolla nera” o “Pokalça” (in lingua slovena si pronuncia Pocalza), stesse per finire nel dimenticatoio? Si pensi che in un documento del 1282 la conca di Albana-Prepotto veniva citata come zona ampiamente vitata. Un’altra fonte, tale Olinto Marinelli, nella sua “Guida delle Prealpi Giulie” del 1912, riferendosi al distretto di Cividale, scriveva: “… fra i maggiormente coltivati sono la Ribolla, il Refosco, il Refoscone, il Verduzzo, la Pokalça”. Un vitigno molto diffuso quindi, che cresceva spontaneo ovunque, poi negli anni venti e trenta del secolo scorso, ritenendo più redditizi Merlot e Tocai s’iniziò a espiantare e per lo Schioppettino iniziò l’oblio. Questo il passato ma oggi a che punto è la storia dell’affascinate autoctono friulano? Lo Schioppettino, da reietto, è divenuto assoluta eccellenza dell’enologia italiana. Ne ho avuta conferma sabato 19 ottobre 2013, durante un’importante degustazione guidata da Walter Filiputti, organizzata nell’ambito della bella manifestazione curata da Paolo Ianna “Schioppettino di Prepotto unico per natura”. In batteria erano presenti 16 produttori, quindi un campionario piuttosto ampio per farsi un’idea su un vino dalle caratteristiche abbastanza riconoscibili, che trova nel Cru della frazione Albana la sua massima aspersione qualitativa. In definitiva direi qualità complessiva notevole, ma le mie preferenze sono andate per l’annata 2009 a: La buse dal lof, Vigna Petrussa, La Viarte, Casa di Legno. Tutti accomunati da belle note di frutta rossa, speziatura, da una notevole morbidezza e da un uso sapiente del legno che tradotto in un’unica parola significa eleganza. Per l’annata 2010 invece: Azienda Agricola Grillo, Lino Casella, Antico Brolio, Valerio Marinig, Nicola Bodigoi. Nonostante l’annata 2010 vada aspettata, è già presente, sia al naso sia in bocca, tutta la ricchezza e la classe del vitigno, anche se stiamo parlando di vini davvero giovani ma che in prospettiva faranno vedere grandi cose. Nulla da dire quindi sull’unicità dello Schioppettino di Prepotto. Sono invece in antitesi, e lo dico con infinita stima e rispetto, con il pensiero espresso a fine degustazione dal mostro sacro Walter Filiputti. Secondo Filiputti lo Schioppettino di Prepotto per diventare più popolare non deve aver paura di fare quantità. Che cosa implica fare quantità in un fazzoletto di terra come Prepotto? Espiantare gli autoctoni? Non credo. Allora gli internazionali? La vedo dura! Anche se così fosse, non è che poi ci ritroviamo con un numero di bottiglie spropositato che dobbiamo giustificare? E la bontà di questo vino quanto ne risentirebbe? Ritengo che lo Schioppettino di Prepotto sia il classico esempio di vino prezioso e raro fatto in un “Luogo nobile” (cfr. l’editoriale di Mille Vigne 03/2013) che l’appassionato ricerca per puro edonismo. Le 40.000 bottiglie annualmente prodotte, credo possano bastare, di vini bevibili per fare numeri e quantità ne è piena l’Italia.
Dissertazioni sullo Schioppettino di Prepotto con Walter Filiputti e Michele Pavan (presidente dell’associazione produttori Schioppettino di Prepotto)
Paolo Ianna racconta come la ricerca ha dato il via alla creazione e alla gestione collettiva di un “Vigneto-Catalogo”. Un vero vigneto in cui sono state piantate tutte le varietà individuate e tutt’ora produttive.
Fonti:
Claudio Fabbro:
http://www.claudiofabbro.it/vigneto/vigneto68.htm
Associazione produttori Schioppettino di Prepotto
http://www.schioppettinodiprepotto.it/
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